Sono trascorsi dieci anni da quando i maltesi hanno “scelto” il divorzio.
Era esattamente il 28 maggio del 2011 quando i cittadini della Repubblica di Malta furono chiamati alle urne per il referendum consultivo.
Questa data ricorre proprio in un periodo in cui l’isola si divide tra il primato (per il sesto anno consecutivo) riconosciuto a livello europeo per la tutela e i diritti LGBTIQ, e l’affanno sulla questione aborto.
Tornando al maggio di dieci anni fa, il 53 per cento – in quella circostanza – si è espresso in favore del divorzio, poi entrato ufficialmente in vigore dall’ottobre 2011, con la legge che recepì il risultato della consultazione.
In questo ritardo rispetto a tanti Paesi dell’Unione europea ha pesato senza dubbio la forte componente cattolica della maggior parte della popolazione maltese.
Si stima, infatti, che sia il 96 per cento dell’intera Nazione, una percentuale che non ha eguali in tutto il mondo.
Restano, però, illegali nel territorio maltese sia l’eutanasia che l’aborto.
In Italia la legge sul divorzio è datata primo dicembre 1970, la legge Fortuna-Baslini sta dunque per compiere ben cinquantuno anni.
Mentre dal 1978 la donna, nel territorio italiano, può richiedere l’interruzione volontaria della gravidanza entro novanta giorni.
L’influenza cattolica si fa sentire principalmente sulla questione legata all’eutanasia, non praticabile e illegale in Italia.
Attualmente ci sono soltanto due Stati dove non è possibile divorziare.
Il primo è abbastanza scontato, si tratta infatti della Città del Vaticano.
Il secondo è costituito dalle Filippine, dove anche l’aborto è illegale e ci sono finanche limitazioni alla distribuzione dei contraccettivi.