Un abbraccio alla famiglia e tanto silenzio: questo il sapore della “vittoria” per Yorgen Fenech che, quest’oggi, ha ottenuto la libertà su cauzione, oltre cinque anni dopo il suo arresto avvenuto nel 2019 con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia, la “scomoda” giornalista fatta saltare in aria da un’autobomba piazzata sulla sua Peugeot 108 il 16 ottobre 2017.
Dopo numerosi tentativi da parte dei suoi avvocati, Fenech potrà quindi lasciare il Corradino versando un deposito di 80.000 euro più una garanzia personale di 120.000 euro. A rendere possibile tutto ciò, anche l’intervento della zia, Moira Fenech, che ha offerto come garanzia le sue quote azionarie di Tumas Group, pari al 15,45%. Il rilascio verrà formalizzato una volta che il tribunale avrà confermato il trasferimento temporaneo di queste azioni al governo.
Per ottenere la libertà, Fenech dovrà rispettare rigide condizioni: dall’obbligo di non avvicinarsi entro 50 metri dalla costa e dagli aeroporti, a quello di firma su base quotidiana presso la stazione di polizia di St. Julian’s, oltre a rispettare il coprifuoco dalle 17 alle 11, nella residenza indicata dalla corte. Sarà inoltre sottoposto a sorveglianza costante, con un poliziotto di guardia fuori dalla sua abitazione 24 ore su 24.
Gli è stato vietato qualsiasi contatto con i testimoni dell’accusa, tra cui Melvin Theuma, l’intermediario autoproclamato dell’omicidio, e l’ex capo di Gabinetto, Keith Schembri. A tutela della famiglia Caruana Galizia, il tribunale ha emesso un ordine di protezione che impedisce a Fenech di avvicinarsi o contattare i suoi membri.
Un capovolgimento di fronte che ha lasciato tutti spiazzati dato che, fino ad oggi, ogni richiesta di libertà su cauzione era stata respinta, soprattutto a causa di un tentativo di fuga avvenuto pochi giorni dopo l’arresto di Theuma, quando Fenech cercò di lasciare Malta a bordo del suo yacht, prima di essere intercettato dalle Forze armate maltesi mentre si dirigeva verso la Sicilia.
Le autorità scoprirono poi che l’imprenditore aveva fatto richiesta urgente per un jet privato e stava trattando l’acquisto di una residenza di lusso in Normandia, alimentando i timori di una fuga.
La Corte ha infine accolto la richiesta della difesa, che ha impugnato il diritto maltese che garantisce la libertà su cauzione trascorsi 30 mesi dall’emissione dell’atto d’accusa. Pur riconoscendo il rischio di fuga o di interferenza con le prove, il tribunale ha ritenuto sufficiente la “solida garanzia” offerta dalla zia di Fenech per approvare così la libertà su cauzione del nipote.
La decisione ha suscitato forti reazioni, in particolare dalla famiglia Caruana Galizia, presente al momento del verdetto. Matthew Caruana Galizia, figlio di Daphne, ha puntato il dito contro il Primo Ministro Robert Abela e il Ministro della Giustizia Jonathan Attard: «Hanno avuto cinque anni per mettere a posto il sistema e non hanno fatto nulla. È sempre più chiaro che stanno dalla parte dei criminali e non della gente comune».
«Lo Stato maltese non è riuscito a proteggere la vita di Daphne e ora la sta deludendo anche da morta», la dichiarazione della Daphne Caruana Galizia Foundation che sottolinea come, a otto anni dall’omicidio, la giornalista non abbia ancora ottenuto giustizia.
Un pensiero condiviso anche dall’Ong Repubblika che, attraverso un comunicato ufficiale, ha espresso «preoccupazione» per il fatto che, a più di cinque primavere dall’arresto di Yorgen Fenech, non sia ancora stata fissata una data per il processo.
«Il governo di Robert Abela è il più grande ostacolo alla giustizia», tuona l’opposizione in una dichiarazione post sentenza siglata dal ministro ombra della Giustizia, Karol Aquilina.
Il Partito Nazionalista ha affermato di aver constatato «con grande rammarico e delusione» che ancora una volta il governo «ha mancato in modo significativo di garantire giustizia nel nostro Paese, in particolare nei confronti della famiglia Caruana Galizia», perché – aggiunge – la responsabilità di quanto accaduto non è della Corte, bensì del Premier Robert Abela e del ministro della Giustizia Jonathan Attard, «che non hanno fatto assolutamente nulla per evitare questa situazione».
Secondo l’opposizione – che cita il principio secondo cui “giustizia ritardata è giustizia negata” – è «inaccettabile che i parenti delle vittime di omicidi e altri gravi crimini siano sottoposti a prove su prove nel tentativo di ottenere la giustizia a cui hanno diritto», perciò hanno sottolineato l’importanza di attuare le riforme necessarie per garantire che tutto ciò non avvenga.
(immagine di archivio, credits: Repubblika)
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