Il governo annuncia la nuova politica in tema di integrazione, elaborata consultando anche i diretti interessati: permessi di residenza più lunghi e stabilizzazione dei migranti di lunga data che hanno dato un contributo attivo alla società maltese.
Il ministro agli Affari Interni, Michael Farrugia, e la sottosegretaria alla presidenza del consiglio per le Riforme, la Cittadinanza e la Semplificazione dei processi amministrativi, Julia Farrugia Portelli, hanno rilasciato nella giornata di giovedì un importante comunicato stampa congiunto, in tema di integrazione della popolazione immigrata.
L’annuncio riguarda la nuova politica di integrazione adottata dal governo maltese, orientata a garantire maggiore stabilità e dignità alle persone immigrate che vivono e lavorano da anni nell’arcipelago, riconoscendone altresì il contributo fornito alla crescita sociale ed economica del Paese.
Nello specifico, la nuova politica di “Autorizzazione di Residenza Specifica” (SRA), sostituisce quella della “Protezione Umanitaria Temporanea” (THPN), adottata nel 2010, con l’intento di consolidare le vecchie buone pratiche facendo però tesoro delle molteplici criticità riscontrate.
Una delle novità principali è relativa alla durata e al rilascio del permesso, attualmente di un solo anno dietro richiesta di rinnovo alla Commissione per i Rifugiati, che verrà esteso a due anni, rinnovabili, e verrà gestito da Identity Malta.
Un altro aspetto importante riguarda i potenziali beneficiari: oltre agli attuali possessori del certificato THPN, la nuova normativa mira a stabilizzare le tante persone che, pur non possedendo i requisiti per la protezione internazionale, sono de facto integrate nel tessuto sociale maltese.
Dal comunicato dei due rappresentanti del governo, si evince poi come il provvedimento sia il frutto di una difficile sintesi, che tenga insieme l’aspetto umano con la necessità del pragmatismo politico.
Questi ultimi ribadiscono, infatti, come ciò non significhi che tutti coloro a cui è stata rifiutata la richiesta di asilo possano ora beneficiare di questa norma, ma soltanto chi viene da uno specifico percorso di integrazione, che sia socio-lavorativo, linguistico o affettivo.
La portata della nuova normativa, che si inserisce all’interno dell’ambizioso programma “Strategia per l’Integrazione dei Migranti e Piano Operativo Vision 2020“, assume poi un valore aggiunto se si considera il percorso dalla quale è scaturita.
Nel corso del 2018, il ministero dell’Interno ha portato avanti una serie di incontri con tutte le componenti sociali coinvolte, dalle Ong alle comunità di immigrati fino alle singole persone interessate, implementando una progettazione partecipata che aiutasse a individuare, e superare, le criticità del precedente modello.
Si potrà obiettare, a ragion veduta, che tutti i buoni propositi enunciati, all’infuori di come la si pensi sull’argomento, difficilmente saranno capaci di risolvere tutte le problematiche emerse nel complesso processo di integrazione.
Va però affermato, con altrettanta fermezza, che l’unico modo per trasformare il cruciale fenomeno migratorio da problema a opportunità, attivando un percorso virtuoso, è prendendo atto della sua portata storica, studiarlo e gestirlo con realismo e umanità, imprescindibilmente insieme.
E se in gran parte dell’UE, nonostante i proclami, l’approccio in tema di integrazione sembra quello del disimpegno misto a rancore, va riconosciuto lo sforzo della piccola Repubblica Maltese che, per usare le parole dell’UNHCR, costituisce “un passo positivo nella salvaguardia dei diritti delle persone e verso una società più inclusiva”.