Noi italiani all’estero ci siamo sentiti delle cassandre derise, oltre che inascoltate. Ma la presa in giro ogni volta tende nostro malgrado ad affievolirsi alla luce degli eventi, scrive Irene Chias.
Non ci sono pandemie che tengano, Malta non si ferma, perché a quanto pare gli effetti di un lockdown sarebbero peggiori di quelli di un’epidemia.
Dopo che l’associazione di categoria dei medici di Malta ha lanciato l’appello al Governo per una totale chiusura di almeno tre settimane e dopo che è stata fissata una conferenza stampa dall’Auberge de Castille, per un attimo, noi Cassandre del coronavirus abbiamo creduto che alla fine anche il gabinetto Abela avesse capito la gravità della situazione e che stesse per annunciare, finalmente ancorché tardivamente, provvedimenti più drastici.
Ma l’assenza di Chris Fearne, il ministro della Salute, e la comparsa accanto al premier di Silvio Schembri e Edward Scicluna, titolari rispettivamente dei dicasteri di Economia e di Finanze, ci ha fatto subodorare l’imminente delusione. L’annuncio riguardava infatti esclusivamente provvedimenti economici.
Rispondendo poi alla domanda di una giornalista, Abela ha esplicitamente deluso noi, il sindacato degli ospedalieri, l’ordine dei medici e larga parte della popolazione maltese, dicendo candidamente che non ci sarà alcuna ulteriore chiusura e continuando con gli inconsistenti appelli contro il panico, appelli che ormai, per chi conosce la situazione della vicinissima Italia, non possono che ottenere l’effetto opposto.
“Al momento il numero dei contagi è contenuto” ha detto il premier. Noi torniamo a dire quello che dicevamo quando i casi ammontavano a un sesto di quelli di adesso: non ci sembra questa la logica vincente nella prevenzione di un’epidemia, come non lo è fare un vaccino dopo aver contratto la malattia. “E poi perché vogliono tre settimane e non quattro o cinque?”, ha chiesto retoricamente Abela riguardo alla richiesta dell’Ordine dei medici, fingendo di ignorare che il periodo medio di incubazione, in base a quello che si sa finora, è 14 giorni e che le tre settimane garantirebbero un maggiore margine di sicurezza.
Quindi la gente potrà continuare ad arrivare a Malta da Belgio (circa 700 casi confermati), Austria (oltre 800), Paesi Bassi (oltre 800 casi), Danimarca e Svezia (oltre circa 1.650 casi in totale), Norvegia (oltre mille casi) e soprattutto dal Regno Unito dove i casi noti sono circa 800 e dove la linea del Governo è: preparatevi a perdere qualcuno a cui volete bene, tanto noi non faremo nulla.
Insomma, ad eccezione di Italia, Spagna, Francia, Germania e Svizzera, i visitatori potranno arrivare da ogni parte del mondo, a patto che stiano chiusi in albergo due settimane. Probabilmente fra le misure di sostegno economico avrebbero dovuto annoverare anche questa: soggiorni turistici più lunghi per i viaggiatori disinformati, come è incredibilmente successo ieri ad alcuni turisti britannici fra cui un ragazzo rimasto a corto di farmaci necessari.
A niente è servito quindi l’appello del presidente dell’ordine dei medici Martin Balzan che aveva evidenziato come l‘esperienza di altri Paesi abbia mostrato che le mezze misure non bastano. Già gli anestesisti avevano detto che se dovesse esserci un’epidemia, il sistema sanitario nazionale potrebbe andare in tilt.
Come è stato detto anche altrove, noi italiani all’estero siamo stati interessati da questa sorta di dislivello percettivo sulla gravità del problema almeno dalla fine di febbraio. Ci siamo sentiti delle Cassandre derise, oltre che inascoltate. Ma la presa in giro ogni volta tende nostro malgrado ad affievolirsi alla luce degli eventi, che anticipano sempre le contromisure adottate dalla politica. Ripetiamo anche che la situazione maltese rischia di risultare aggravata dall’alta densità demografica, dall’isolamento e dalla dipendenza dalle importazioni per alcuni beni di prima necessità.
Difficile quindi pensare che davvero gli effetti di un lockdown sarebbero peggiori di quelli di un’epidemia, semplicemente per il fatto che in caso di epidemia tutto dovrà comunque necessariamente fermarsi. Sembra evidente, ma non lo è a tutti, che è meglio un isolamento col popolo sano che col popolo malato.
Che il popolo delle Cassandre si stia ampliando, includendo anche diversi professionisti del settore sanitario, è una magra consolazione alla luce del fatto che ogni ora che passa, le misure richieste saranno sempre maggiori e i sacrifici più pesanti.