Licenziato nel 2013, ottiene giustizia solo ora. È la storia di Norman Vella, giornalista silurato dall’editore di radiodiffusione locale Public Broadcasting Services (PBS) al termine delle elezioni di undici anni fa, e a cui la Employment Commission ha dato ragione, condannando l’ex Primo Ministro Joseph Muscat e l’allora segretario principale permanente Mario Cutajar per quanto accaduto.
Dal canto suo, Vella ha affidato a Facebook la propria felicità per la sentenza, ringraziando tutte le persone che hanno supportato la lunga battaglia legale, augurandosi che questa vittoria non rimanga solo sua, ma diventi il simbolo della lotta alla discriminazione politica.
Vella è stato inviato per PBS nell’agosto 2012, per poi essere spostato nel 2012 al dipartimento di immigrazione presso l’aeroporto, in qualità di ufficiale di controllo delle frontiere. Da lì ne nacque un ricorso, fino alla decisione finale arrivata adesso. La Commissione per l’occupazione ha quindi dato ragione a Vella, affermando che la sua dislocazione sarebbe stata effettivamente figlia di una discriminazione politica, definita ingiustificabile e ordinando un risarcimento di 15.000 euro, più gli interessi maturati dalla data della sentenza fino al giorno dell’effettivo pagamento.
Non solo: ai media Vella ha affermato di aver ricevuto vere e proprie minacce da Joseph Muscat, quando quest’ultimo era alla guida dell’opposizione, con gravi conseguenze se avesse ritenuto che il Partito Laburista fosse stato preso di mira in qualsiasi modo. L’intimidazione sarebbe stata fatta durante un incontro alla presenza di Peppi Azzopardi, il presentatore di Xarabank, il talk show maltese più seguito all’epoca, alla presenza anche di altri membri del partito laburista. Queste sarebbero state le parole di Muscat: «Per ogni attacco che riteniamo diretto al Partito Laburista, risponderò con il doppio della forza, con tutta la mia forza, sotto la cintura, dove fa male».
Sulla sentenza si è anche espresso il Partito Nazionalista, che non può che ritenersi soddisfatto: «Accogliamo con favore questa decisione in favore della libertà d’espressione e della parità di trattamento, a prescindere dalle convinzioni politiche. Ora il governo e il Partito Laburista dovrebbero chiedere scusa a Vella».