L’inchiesta amministrativa indetta per chiarire le circostanze che hanno portato al maxi furto di droga dal deposito militare di Safi ha rivelato che due soldati delle Forze Armate maltesi (AFM), incaricati di monitorare trentacinque telecamere di videosorveglianza presso la base, erano “distratti” e “incuranti” durante il turno notturno del 23 febbraio scorso, consentendo così ai ladri di agire indisturbati per diverse ore, quelle che sono servite loro per sottrarre oltre 136 chili di resina di cannabis custoditi in un container sigillato.
Nel dettaglio, uno di loro, durante il turno, invece di controllare le immagini della videosorveglianza, ha guardato un film sul tablet con le cuffiette, parlato al telefono con la fidanzata, preparato e consumato del cibo nella cucina adiacente, e non ha effettuato alcuna ronda tra le 23:25 e le 2:50 della notte del furto.
Il suo collega, che avrebbe dovuto riposarsi rimanendo comunque vigile e pronto a intervenire, è crollato in un profondo sonno per due ore, senza mai rendersi conto di quanto stesse accadendo lì attorno, compreso il fatto che l’altro soldato non stesse svolgendo alcuna azione di sorveglianza.
Il rapporto sull’inchiesta condotta dall’ex giudice Geoffrey Valenzia ha evidenziato che, se il soldato addetto alla sorveglianza delle telecamere avesse svolto correttamente il proprio lavoro, avrebbe certamente notato il furto in corso o almeno si sarebbe accorto che il container era stato scassinato.
Mentre i due militari erano “distratti”, la banda di ladri ha creato un varco nella recinzione perimetrale, forzato i sigilli del container e trasportato i blocchi di droga a bordo di diversi veicoli, compiendo più viaggi. Il tutto si è protratto per circa tre ore ed è stato chiaramente registrato dalle telecamere di sorveglianza, ma nessuno stava monitorando le immagini in diretta.
L’inchiesta ha anche sottolineato che il furto è avvenuto in circostanze sospette, come se i ladri sapessero in qualche modo di poter agire indisturbati. Dopo aver caricato parte della droga a bordo di un furgone e trasferita in un garage a Zebbug, i criminali sono tornati di nuovo alla base militare per completare il colpo. L’allarme è stato dato solo dopo la fine del furto, quando un’altra pattuglia ha effettuato una ispezione di routine.
L’indagine ha inoltre smontato la presunta “inviolabilità” del sito. Sebbene il comandante delle Forze Armate maltesi, il brigadiere Clinton J O’Neill, avesse rifiutato un presidio fisso della polizia sostenendo che le trentacinque telecamere a visione notturna fossero sufficienti, quanto accaduto ha dimostrato il contrario.
Le criticità evidenziate includono telecamere rese “inutili” dalla mancanza di controllo attivo da parte di chi di dovere, due grandi cassonetti che ostacolavano parzialmente la visuale del container i cui sigilli erano inadeguati, alcuni fari d’illuminazione fuori uso e, in generale, diverse misure che non tenevano conto delle conseguenze generate dall’errore umano, come la recinzione attualmente sprovvista di allarme e divelta senza problemi dai ladri.
Il rapporto ha inoltre rivelato che i soldati non documentavano correttamente i turni di sorveglianza e le ronde, come invece previsto dalle procedure.
Un altro punto critico riguarda la gestione delle droghe poste sotto sequestro per le quali ad oggi non esisterebbe un luogo fisso e prestabilito. Il quantitativo di resina di cannabis in questione, parte di un carico da 13 milioni di euro fermato al Malta Freeport la scorsa estate, era in attesa di essere incenerito ma, come già accennato in precedenza, il processo di distruzione aveva subito una battuta d’arresto a causa di un malfunzionamento dell’unico inceneritore di Marsa, obsoleto e per questo spesso inadeguato.
Per risolvere il problema, l’inchiesta ha suggerito che Malta dovrebbe dotarsi di una nuova struttura per la distruzione delle droghe poste sotto sequestro oppure valutare diverse opzioni tra le quali quella di esportarle all’estero per finalizzare la procedura.
Il rapporto ha inoltre assolto il ministro dell’Interno Byron Camilleri da ogni responsabilità diretta, sottolineando che il suo compito non è quello di intervenire nella gestione operativa della sicurezza, visto che «il ruolo del ministro è politico e non tecnico della sicurezza». Contestualmente, l’Ufficio del Primo Ministro ha fatto sapere di aver revocato la sospensione dall’incarico del brigadiere Clinton J O’Neill, che torna quindi al comando delle Forze Armate. La colpa dell’accaduto, per Valenzia, è quindi esclusivamente attribuibile ai soldati di guardia quella notte e alle carenze organizzative delle Forze Armate maltesi.
Reagendo alla notizia, il Partito Nazionalista (PN) ha duramente criticato la posizione del governo, accusandolo di «non volersi assumere la responsabilità politica dei propri fallimenti». Il deputato Darren Carabott, a nome del Partito, ha dichiarato che Camilleri sta “scaricando” le colpe sugli altri anziché dimettersi.
Il rapporto, prosegue Carabott, evidenzia versioni contrastanti da parte di diverse entità governative e «questo è ciò che accade quando le istituzioni sono controllate da coloro che tirano i fili».
Secondo l’opposizione, il ministro sta replicando la stessa strategia adottata per la gestione del carcere di Corradino sotto la guida di Alex Dalli, quando si verificarono numerosi decessi senza che vi fossero conseguenze politiche.
«Il governo continua a proteggere i propri membri a scapito della sicurezza nazionale», ha dichiarato Carabott, accusando il Premier Robert Abela di aver rifiutato le dimissioni di Camilleri per evitare uno scandalo politico. Questo, conclude, «è l’ennesimo certificato che attesta il fallimento di un governo che ha deluso tutti tranne sé stesso».
(photo credits: Google Maps)
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