Malgrado l’invito del Papa di qualche mese fa, Malta si trova nuovamente nell’occhio del ciclone per la violazione del diritto internazionale in tema di migranti a seguito dell’incidente del 26 settembre scorso, che ha visto il Centro di coordinamento del salvataggio maltese ordinare ad una nave mercantile di portare le 23 persone recuperate in mare a Port Said, in Egitto, nonostante lo Stato insulare fosse più vicino e “sicuro”.
Attraverso un comunicato congiunto, le quattro ONG Medici senza frontiere, Sea Watch, Mediterranea Saving Humans e Alarm Phone hanno subito puntato il dito verso Malta, evidenziando l’inammissibilità delle azioni intraprese dalle autorità locali nel coordinare un respingimento illegale in direzione delle coste egiziane, violando così il principio di non refoulement previsto dalla Convenzione di Ginevra, di cui il Paese è firmatario:
«l’RCC maltese è legalmente responsabile del coordinamento delle operazioni di soccorso all’interno della sua zona SAR ma, in questo caso, Malta ha invece indicato alle navi mercantili nelle immediate vicinanze dell’imbarcazione in pericolo di continuare la navigazione o semplicemente di rimanere in attesa, ritardando così notevolmente i soccorsi e mettendo deliberatamente a rischio la vita delle 23 persone a bordo»
Proprio in base alla Convenzione del 1951, infatti, i Paesi firmatari non possono espellere o respingere in qualsiasi modo i rifugiati verso i confini di territori in cui la loro vita o libertà risulterebbe minacciata.
A rendere ancor più discutibile la posizione delle Forze Armate Maltesi (AFM) il fatto che l’Egitto, sebbene sia anch’egli firmatario della Convenzione di Ginevra, attualmente non disponga di un quadro giuridico nazionale adeguato per la protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo risultando, inoltre, classificato come Paese “non libero” dall’organismo di controllo della democrazia Freedom House, che ha assegnato alla terra del Faraoni solamente 6 punti su 40 in termini di diritti politici e 12 punti su 60 per quanto riguarda le libertà civili.
📽️ Ecco come sono andate le cose. Il video del caso Shimanami Queen, con il respingimento illegale in Egitto di 23 persone da parte di Malta. pic.twitter.com/NwwZrYfSc6
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) October 19, 2022
Rimane inammissibile come le 23 persone non siano state fatte sbarcare né a Malta né in Italia, nonostante fossero i luoghi sicuri più vicini al momento del soccorso distando, rispettivamente, 146 e 159 miglia nautiche. Ancor più inammissibile come le autorità maltesi abbiano optato per comunicare alla nave mercantile Shimanami Queen di trasportare forzatamente le persone nel territorio egiziano, distante circa 760 miglia nautiche (1.400 chilometri) dalla zona Sar.
Sempre attraverso il comunicato congiunto pubblicato nel corso della giornata di mercoledì, le quattro ONG hanno richiesto immediati provvedimenti nei confronti delle autorità maltesi:
«Come organizzazioni impegnate in attività di ricerca e soccorso in mare denunciamo il trasferimento forzato di queste 23 persone in Egitto e chiediamo conseguenze per le palesi violazioni del diritto marittimo e internazionale da parte di Malta»
A tale richiesta di presa di responsabilità il comunicato ricorda come i Centri europei di coordinamento dei soccorsi debbano obbligatoriamente adempiere alle proprie responsabilità legali e garantire soccorsi immediati alle persone in pericolo in mare, con successivo sbarco in un luogo sicuro in Europa.
Un portavoce dell’AFM ha cercato di calmare gli animi dichiarando a Times of Malta che le autorità locali hanno solamente “coordinato i soccorsi in mare in conformità con le convenzioni applicabili” ma, davanti all’ennesimo episodio in tale direzione, risulta difficile dar ragione all’organo maltese incaricato nella ricerca e salvataggio dei dispersi in mare.