«Nostro padre è morto, vogliamo conoscere tutta la verità». È il grido lanciato Anastasia Megally, figlia del dottor Naged Megally, scomparso mentre era ricoverato al Mater Dei. L’uomo era affetto da miopatia mitocondriale, un raro disordine neuromuscolare ereditario, che attacca i muscoli del corpo causando debolezza e intolleranza all’esercizio.
Nonostante le difficoltà e il ricovero in terapia intensiva, l’uomo non sembrava però in pericolo di vita. Al contrario, i miglioramenti avevo fatto propendere i medici per un suo trasferimento in un altro reparto, senza l’ausilio di supporti per la ventilazione. Questo fino a un improvviso e repentino peggioramento dei parametri vitali, che l’hanno portato in breve tempo alla morte, il 3 luglio 2023. E ora, a otto mesi dalla perdita, la famiglia Megally si trova a fare i conti con un assordante silenzio da parte dei medici del Mater Dei, che per chissà quali motivi non avrebbero ancora chiarito cosa abbia portato alla morte del loro caro.
Anastasia ha affidato a un post su Facebook la sua ricerca della verità, raccontando il dramma vissuto nella speranza di smuovere le acque. «Sono trascorsi otto mesi dal giorno in cui abbiamo perso nostro padre e siamo ancora in attesa di risposte. Abbiamo chiesto un’indagine indipendente e un’autopsia sul suo corpo. I nostri appelli sono stati respinti dalla Corte dopo sei mesi di udienze, in un contesto di dichiarazioni contraddittorie e domande senza risposta riguardanti la sua morte. Poco prima di peggiorare era vigile. Ci parlava e diceva di voler tornare a casa».
I misteri su cosa sia realmente accaduto al dottor Megally iniziano proprio con il peggioramento delle sue condizioni, che i medici del Mater Dei avrebbero spiegato ai familiari in maniera molto vaga e non esauriente. E con la morte dell’uomo la situazione è andata peggiorando, stando a quanto affermato dalla figlia.
«Io e la mia famiglia ci siamo ritrovati con tante domande senza risposta – ha proseguito – non sappiamo perché l’ospedale abbia vietato l’autopsia su mio padre senza informarci, e nemmeno perché ci fosse tanto disinteresse per la rara condizione che affliggeva mio padre. Non sappiamo nemmeno perché sia morto. Ci hanno comunicato quattro cause del decesso, tutte differenti tra loro».
Tra i dettagli preoccupanti emersi, Anastasia ha menzionato l’uso “prolungato e rischioso” di un tubo endotracheale, il sanguinamento dalla tracheotomia proprio il giorno del decesso e il contemporaneo dislocamento in un altro reparto. Sarebbero inoltre emerse somministrazioni prolungate di Propofol, un sedativo descritto come altamente rischioso nei pazienti affetti da miopatia mitocondriale.
Ma non solo: sempre secondo la donna, qualcuno all’interno dell’ospedale avrebbe imposto un ordine di non rianimazione nei confronti del padre, senza alcun consenso da parte della famiglia. Questo, nonostante in un primo momento le sue condizioni stessero migliorando. Inoltre, dopo il decesso ai parenti sarebbe stato negato l’accesso alla cartella clinica di Megally.
Tutti gli sforzi per ottenere un’indagine indipendente e un’autopsia si sono rivelati inutili. Quando la famiglia ha presentato informazioni provenienti dal prestigioso “Newcastle Welcome Centre for Mitochondrial Research”, tutto sarebbe stato respinto ed etichettato come proveniente da un’organizzazione poco chiara.
«Abbiamo anche proposto un panel di patologi selezionati da entrambe le parti, ma il Mater Dei ha rifiutato ancora. Questa resistenza ci ha portato a credere che gli eventi legati alla morte di mio padre siano stati occultati».
Ora, la famiglia ha avviato una protesta giudiziaria presso il tribunale civile, a fronte del rifiuto dell’ospedale di rilasciare il corpo di Megally per svolgere l’autopsia in una struttura privata. Nello specifico, i legali hanno sollecitato il ministro della Salute, l’amministratore delegato del Mater Dei, il primario e l’avvocatura dello Stato a rilasciare prontamente i resti del dottore.
«Chiediamo all’ospedale di consentirci l’accesso al corpo di nostro padre e di cessare di ostacolare il nostro diritto a ottenere risposte. Esigiamo il diritto a un’autopsia privata o indipendente con patologi stranieri, per potergli finalmente dare una degna sepoltura».
Al momento, nessuna delle parti chiamate in causa ha rilasciato dichiarazioni sulla vicenda.