Con 32 voti favorevoli e 40 contrari i parlamentari hanno definitivamente messo la parola “fine” all’apertura di una inchiesta pubblica indipendente, che avrebbe fatto piena chiarezza e soprattutto giustizia sulla morte di JeanPaul Sofia.
La notizia è stata accolta con sdegno, rabbia e profonda delusione dalla famiglia del giovane e da altri cittadini presenti in Parlamento, che assistendo alla votazione si sono rivolti ai parlamentari laburisti urlando insulti, prima di essere accompagnati fuori dalla polizia.
Una rabbia comprensibile, visto che malgrado tutte le promesse sull’efficacia di una inchiesta magistrale caldeggiata da parte del Primo Ministro Robert Abela che più volte ha sollecitato il Capo della magistratura ad un’urgente conclusione sulla tragedia, di fatto, in sette lunghi mesi, nessun nome è mai comparso nel registro degli indagati.
Era il 4 dicembre del 2022 quando il giovane JeanPaul Sofia, appena ventenne, perdeva la vita sepolto nel crollo di un edificio in un cantiere edile a Kordin. Un intero edificio di 4 piani in costruzione che in meno di dieci secondi gli si è sbriciolato addosso, caduto al suolo come un castello di carte alla prima folata di vento.
Da sette mesi i genitori del ragazzo chiedono giustizia e, con l’appoggio del Partito Nazionalista, hanno richiesto a più riprese l’istituzione di un’inchiesta pubblica per far luce sui responsabili della morte del loro unico figlio, che non potranno mai più abbracciare per colpa di chissà chi.
Per questa ragione, giovedì scorso in Parlamento, si era discusso sulla mozione presentata dai nazionalisti in merito all’effettiva apertura di una inchiesta pubblica, che ieri sera ha dovuto fare i conti con il “no” definitivo espresso dalla maggioranza al governo, mentre il fronte favorevole era rappresentato dall’opposizione. La stessa opposizione che già la settimana scorsa era insorta in Parlamento, mettendo in dubbio la posizione del Primo Ministro nel percorso verso la giustizia, domandando: «Chi sta proteggendo?».
A nulla sembrano essere valse anche le oltre 20.000 firme raccolte in poche ore da Isabelle Bonnici, la mamma di JeanPaul Sofia, che fino alla fine ha provato ad ottenere giustizia attraverso il lancio di una petizione per «poter esaminare i fallimenti sistemici ed amministrativi che hanno portato alla morte di mio figlio» e «per svolgere un ruolo attivo nelle indagini» che «solo un’inchiesta pubblica potrebbe permettermi di fare».
Per tentare di indorare la pillola, mercoledì sera in Parlamento sembrano essere state proposte ed approvate, sempre dalla maggioranza, alcune modifiche alla mozione attualmente in atto, che prevede di fare giustizia sui responsabili della tragedia procedendo attraverso un’inchiesta magistrale, ma questa volta con l’obbligo che si concluda “il prima possibile”. Almeno questo è ciò che hanno riportato i quotidiani locali della seduta in Parlamento, che si è svolta come sempre in lingua maltese.
Ci sarà ora da capire cosa si intende per “il prima possibile”, visto quanto (non) accaduto finora. Quel che resta, di certo, è che un ragazzo di vent’anni non c’è più e non ritornerà più. L’unica verità fino ad ora è che nulla è cambiato rispetto a sette mesi fa. Ad oggi, la tragedia di Kordin oltre a non aver ottenuto giustizia, non ha insegnato nulla, non è servita a nulla, neanche a prevenire altre morti nei cantieri edili che popolano quasi ogni angolo del Paese.
Intanto il portale Net news riferisce che il governo ha sospeso le sedute parlamentari per le “vacanze estive” che termineranno il 2 ottobre.