In occasione del trentunesimo anniversario delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio in cui vennero uccisi i magistrati antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, si è tenuta una manifestazione davanti all’abitazione di Falcone a Palermo alla quale ha partecipato anche il presidente della Ong Repubblika Robert Aquilina su invito della Fondazione Falcone.
«Riunirsi qui oggi non vuol dire semplicemente ricordare – com’è d’obbligo fare – ma significa sopratutto farsi carico di un impegno preciso, quello di proseguire la lotta per la quale Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno sacrificato le lore vite: una società in cui prevale la giustizia» ha affermato Aquilina, ricordando quando trentuno anni fa guardava da “lontano” «due uomini giusti che con la loro determinazione, forte senso di dovere e amore per il bene comune costrinsero la società italiana a guardarsi allo specchio e provare vergogna. Ed è quella vergogna che ha fatto sì che lo Stato Italiano mise in atto una dura lotta alle mafie».
Un parallelismo inevitabile quello con la morte di Daphne Caruana Galizia, la giornalista che cinque anni fa fu fatta saltare in aria da un’autobomba, con lo stesso metodo mafioso. «Daphne non era un magistrato, non faceva parte delle istituzioni pubbliche, ma il suo assassinio compiuto da mafiosi maltesi ha molti tratti comuni con quello di Giovanni e di Paolo. Tutti i tre sono stati ammazzati perchè denunciavano verità molto scomode. Tutti i tre furono isolati prima di essere assassinati. Il loro assassinio ha provocato un forte senso di vergogna».
Il presidente di Repubblika ha poi continuato spiegando che «anche se i chilometri che dividono Malta della Sicilia sono ancora gli stessi di quando ero ancora ragazzo, ora guardo a quelle stragi da molto più vicino e capisco molto meglio sia ciò che si verificò all’epoca sia lo sforzo straordinario che successivamente compirono Maria Falcone e lo Stato italiano. Capisco, per esempio, che i sistemi mafiosi non rispettano i confini nazionali. Capisco pure che non è che la mafia si esporta dalla Sicilia, ma il fenomeno mafioso esiste ovunque».
Sulla base di queste considerazioni, Aquilina ha evidenziato che è necessario intraprendere un percorso che porta ad una azione antimafia transnazionale, affinchè sia l’Europa stessa a far sì che questa battaglia possa essere vinta.
«Mi rattrista molto sapere che lo Stato maltese non lotta contro la mafia. Non vuole neanche munirsi di leggi antimafia. Non vuole sentire parlare di constatare che a Malta ci sia la mafia. Invece lo stato italiano questa lotta la fa e la porta avanti con determinazione. E allora bisogna esportare il modello antimafia italiano in Europa e nel resto del mondo» ha affermato Aquilina, dichiarandosi pronto insieme ai colleghi della Ong Repubblika ad intraprendere questo percorso verso una “liberazione” congiunta dalle mafie.
Tuttavia, secondo Aquilina, non basta semplicemente rimuovere ciò che nuoce alla società, bensì è necessario investire affinchè vengano diffusi i valori della legalità e dell’integrità in tutto ciò che ha una funzione pubblica, del bene comune, della verità e della giustizia.
«Il 23 maggio non è il ricordo della morte, ma la celebrazione della vittoria di Giovanni e di Paolo su chi ha voluto e ottenuto la loro morte. Con quelle stragi i nomi di Falcone e Borsellino, come quello di Daphne Caruana Galizia, si sono sparsi – come semi – in tutti i luoghi della terra così come le idee e i valori per cui sono stati uccisi» ha dichiarato il presidente di Repubblika, aggiungendo: «Penso a Giovanni, a Paolo e a Daphne, e li vedo sorridenti, con il sorriso di chi sa che pagando con la propria vita ha sconfitto il male assoluto, muovendo le coscienze di persone in tutto il mondo, allora, oggi e domani».