Un magistrato ha approvato la richiesta per l’avvio di un’inchiesta sul presunto rilascio di 18.000 carte di identità maltesi a cittadini extracomunitari attorno al quale si articolerebbe un vasto giro fatto di corruzione, cospirazione, criminalità organizzata, falsificazione di documenti e riciclaggio di denaro all’interno dell’agenzia Identità (ex Identity Malta), con la presunta complicità di funzionari pubblici.
La richiesta era stata formulata attraverso una istanza giurata presentata in tribunale a inizio mese dall’avvocato ed ex parlamentare nazionalista, Jason Azzopardi, che ha commentato la notizia definendola «un passo storico» visto che «per la prima volta, un cittadino privato è riuscito a fare ciò che il commissario di polizia Angelo Gafà, il ministro Byron Camilleri, il premier Robert Abela, Identità, Mark Mallia e Ryan Spagnol avrebbero dovuto fare molto tempo fa».
Quindi, aggiunge Azzopardi, d’ora in poi chiunque abbia ricevuto nella propria cassetta postale delle lettere indirizzate a cittadini stranieri mai conosciuti prima, ha la possibilità di informare il magistrato inquirente affinché possa indagare su chi ha utilizzato impropriamente l’indirizzo di casa. «Alzatevi, non abbiate paura. La mafia di Castille ha paura di noi tutti, insieme» conclude l’avvocato nell’appello rivolto ai cittadini.
Repubblika: «Dov’è la polizia?»
Sul caso è intervenuta anche Repubblika attraverso un comunicato in cui ha sottolineato come, ancora una volta, sia stata un’iniziativa privata a portare davanti ai tribunali un grave caso di corruzione con pesanti accuse che avrebbero visto l’agenzia emettere migliaia di carte d’identità sulla base di documenti falsificati, utilizzando poi gli indirizzi di casa di numerosi cittadini maltesi per spedire le lettere indirizzate a cittadini extra Ue.
«Nonostante i documenti e le prove già disponibili al pubblico, la polizia non ha fatto nulla. Presumibilmente, se qualcuno chiedesse al Commissario Angelo Gafà perché non è intervenuto, risponderebbe che “sta ancora elaborando”» ha affermato la Ong, evidenziando che queste accuse non sono solamente “scioccanti” per il fatto che dei funzionari governativi con legami politici avrebbero intascato migliaia di euro («ormai questo è quasi diventato normale»), bensì perché rappresentano «un enorme rischio per la sicurezza nazionale e un pericolo per le famiglie che vivono in case il cui indirizzo è stato rubato».
Se queste accuse risultassero fondate – continua Repubblika – sarebbe evidente che le autorità maltesi non abbiano idea di dove vivano le persone, non sappiano se i nomi che compaiono sui registri pubblici corrispondano a persone reali effettivamente domiciliate presso gli indirizzi dichiarati. Quindi, di fatto, «se avessero bisogno di cercarle, probabilmente non le troverebbero».
La Ong ha menzionato le analogie con il programma di vendita dei passaporti maltesi, «che si basa su bugie riguardanti gli indirizzi di coloro che acquistano il documento». Quindi, siccome il governo era a conoscenza che «probabilmente ogni indirizzo fornito in quel programma era fittizio, non sorprende ora che le bugie istituzionalizzate con lo schema dei passaporti siano state moltiplicate per la vendita illegale di migliaia di carte d’identità».
Quanto emerso finora, secondo Repubblika rappresenta un importante campanello dall’allarme di uno Stato, quello maltese, che «ha perso la capacità di gestire persino la cosa più basilare: la certificazione ufficiale dell’identità delle persone che vivono a Malta», visto che, «quando si guarda a una carta d’identità maltese, ora si deve dubitare dell’accuratezza delle informazioni che riporta».
Repubblika ha infine ringraziato Jason Azzopardi «per aver fatto da solo ciò che la polizia e i procuratori maltesi hanno rifiutato di fare», insieme alle fonti che lo hanno aiutato a presentare la richiesta di un’inchiesta magistrale, unendosi al suo appello affinché altri testimoni e vittime si facciano avanti e contribuiscano all’inchiesta fornendo le informazioni in loro possesso inerenti il presunto racket.
Allo stesso tempo, la Ong ritiene necessario anche l’avvio di un’inchiesta amministrativa per valutare pubblicamente e indipendentemente i rischi per la sicurezza nazionale e la validità dei registri pubblici derivanti da quanto si presume sia avvenuto in questo scandalo.