Gli attivisti di Moviment Graffitti hanno apposto uno striscione fuori dalla porta dell’ufficio del Procuratore Generale per protestare ancora una volta contro «l’apparente disprezzo mostrato nei confronti delle lettere e delle dichiarazioni del pubblico che da anni sollecita la rapida risoluzione del caso El Hiblu3». Un continuo ritardo che «non solo mina i principi su cui è costruito il nostro sistema legale» dichiara la Ong, «ma perpetua anche una grave ingiustizia per i giovani coinvolti».
Era infatti il 28 marzo 2019, quando Abdalla, Amara e Kader (soprannominati “El Hiblu 3”) che ai tempi avevano solo 15, 16 e 19 anni, misero piede per la prima volta a Malta, ignari delle nove accuse preliminari che avrebbero dovuto affrontare – tra le quali dirottamento di una nave, sequestro e terrorismo -, impedendogli di vivere una vita dignitosa e libera.
“El Hiblu” è il nome della nave mercantile che quattro anni fa trasse in salvo una carretta del mare alla deriva nel Mediterraneo, che stava tentando di fuggire dalla Libia per raggiungere l’Europa, carica di 108 migranti ricchi di speranza, tra i quali anche i tre giovani. Speranza svanita una volta realizzato che il capitano stava rientrando al porto di partenza, innescando il panico generale tra i presenti al pensiero di dover fronteggiare ancora torture e miseria.
Solo l’intervento di Abdalla, Amara e Kader permise alla nave di raggiungere Malta, dopo aver fatto da interpreti e mediatori tra gli altri migranti ed il capitano.
Una volta messo però piede sull’arcipelago, gli “El Hiblu 3” sono stati arrestati dalle autorità maltesi e, malgrado le testimonianze raccolte in tribunale abbiano confermato come stessero solo tentando di fare da mediatori placando le tensioni sulla nave, i giovani continuano ad oggi ad essere sotto accusa e rischiano l’ergastolo.
«Invece di celebrare il loro coraggio, le autorità maltesi li hanno accusati di diversi crimini e il caso ha attirato l’attenzione internazionale (..) con l’ufficio del Procuratore Generale che ha fatto orecchie da mercante davanti alle numerose lettere e petizioni di cittadini, organizzazioni ed esperti del settore preoccupati per le sorti dei giovani» scrive in un comunicato Moviment Graffitti, che poi chiosa:
«Questa mancanza di comunicazione e trasparenza è profondamente preoccupante e solleva seri interrogativi sull’impegno dell’ufficio del Procuratore Generale nei confronti dei principi di giustizia ed equo processo»
Il prolungato ritardo accumulato nel caso di “El Hiblu 3” non solo aggrava la sofferenza degli indagati ma, affermano gli attivisti, mina anche la fiducia dell’opinione pubblica nel sistema giudiziario.
La Ong ha poi evidenziato le disparità verso un equo e rapido processo che il sistema legale dovrebbe fornire a tutti i cittadini, in maniera indistinta:
«Ogni caso, sia che coinvolga cittadini maltesi o stranieri, deve essere giusto ed equo, piuttosto che utilizzato come forma di punizione, segnalazione politica e deterrenza. Questo caso mette in luce il razzismo istituzionalizzato che affligge il nostro sistema di giustizia penale, che è forte con i deboli e debole con i forti»
In considerazione di ciò, Moviment Graffitti ha nuovamente invitato il Procuratore Generale a mettere in atto «tutte le misure necessarie per accelerare la risoluzione del caso El Hiblu 3», poichè «giustizia ritardata è giustizia negata, ed è giunto il momento di rimediare a questo errore facendo cadere ogni accusa a carico dei tre giovani».