Ha deciso di farsi chiudere in una gabbia, Tanya, una delle attiviste dell’associazione Animal Liberation Malta (ALM), in rappresentanza di tutti gli animali costretti in cattività nelle gabbie che popolano i parchi faunistici del Paese, meta ogni anno di moltissimi visitatori.
Una protesta pacifica messa in atto lo scorso 8 settembre davanti al Wildlife Park Malta di Rabat che, come dichiarato dall’organizzazione no-profit, ha voluto «aiutare i visitatori a far sì che si rendessero conto che pagando il biglietto di ingresso per tali luoghi si aiuta un’industria che cattura, uccide, commercia, alleva e rinchiude gli animali per tutta la vita. In nome del profitto».
Chiudersi in una gabbia, quindi, per rappresentare e mostrare al pubblico in maniera inequivocabile la sensazione che provano ogni giorno gli animali rinchiusi in una manciata di metri quadrati all’interno degli zoo, lontani dai loro habitat naturali.
Perché, come sottolineato dagli attivisti: «Riesci a immaginarti limitato in confini molto piccoli per tutta la vita, senza essere in grado di esprimere il tuo comportamento naturale? (..) pappagalli selvatici, falchi e orsi, per esempio, possono percorrere decine di chilometri ogni giorno. Come possono questi recinti/prigioni imitare il loro habitat naturale e soddisfare i bisogni di questi animali?».
«Non importa quanto bene vengano trattati (cosa che non sempre accade); è molto ingiusto ed egoistico privare questi animali della loro libertà a scopo di lucro» si legge nel post diffuso da ALM su Facebook.
Il comunicato si conclude rivolgendosi ancora una volta ai cittadini, affinchè «non finanzino più queste industrie, stabilimenti, prigioni per animali», ed invitandoli a condividere e diffondere consapevolezza in merito all’argomento, anche attraverso altri post che saranno pubblicati dalla stessa organizzazione nei prossimi giorni sempre sulla loro pagina social.