Nella mattinata di sabato il crollo del tetto di un edificio in ristrutturazione nella St. Ignatius Street di Sliema ha causato la morte di Bari Balla, operaio albanese di 51 anni da due anni residente a Malta, ferendo inoltre il collega connazionale 31enne.
Una casa degli anni ’20 che sarebbe dovuta andare incontro a un’espansione e che invece si è trasformata in una trappola fatale per Balla che, ancor più tragicamente, non avrebbe dovuto essere lì secondo il comunicato della Building and Construction Authority (BCA) che definisce il progetto un «cantiere fantasma».
Un episodio che non ha lasciato indifferente l’opinione pubblica, ancora scottata dalla tragedia di Kordin e dalla morte del giovane Jean Paul Sofia, e soprattutto la comunità albanese residente a Malta che ha organizzato una raccolta fondi per sostenere la famiglia del 51enne, padre di sei figli.
Oltre a fornire un aiuto economico, l’obiettivo del crowdfunding organizzato dai connazionali della vittima è anche quello di permettere alla famiglia di Balla di sostenere le costose spese per il trasporto della salma e per il funerale in patria.
L’ennesima morte tra i cantieri maltesi, insieme alle dimissioni nelle ore successive all’incidente del CEO della BCA Jesmond Muscat arrivate con tempismo quanto meno sospetto, sottolineano ancora una volta le preoccupazioni sulla sicurezza edilizia maltese e la necessità di introdurre una regolamentazione ferrea in grado di inasprire conseguentemente le sanzioni per i “cowboy” del settore.
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