Il Ministero delle politiche sociali, guidato da Michael Falzon, ha nominato una commissione d’inchiesta che avrà il compito di indagare e verificare in quali modi e modalità Nicolette Ghirxi ha ricevuto assistenza prima di essere assassinata.
La 48enne è stata rinvenuta cadavere nel suo appartamento di Birkirkara il 12 agosto scorso, colpita da una serie di coltellate che non le hanno lasciato scampo. Nei mesi scorsi la donna aveva più volte denunciato per molestie l’ex fidanzato Edward William Johnston il quale, prima che fosse freddato a colpi d’arma da fuoco dalla polizia la sera stessa dell’omicidio, aveva confessato di aver ucciso l’ex compagna. Solo quattro giorni prima del tragico epilogo la donna tornò a rivolgersi alla polizia per segnalare il possibile rientro dell’uomo sull’arcipelago.
Ora, il Consiglio, presieduto dal giudice emerito Lawrence Quintano, si occuperà di «accertare tutti i fatti e le circostanze riguardanti il tipo di aiuto professionale fornito a Ghirxi ogni volta che lo ha richiesto o è stata indirizzata a farlo rivolgendosi ai servizi sociali per la violenza domestica, anche per quanto riguarda la procedura di valutazione del rischio».
Nel comunicato diffuso dal Ministero si apprende che il medesimo Consiglio fornirà inoltre delle raccomandazioni utili a capire se è necessario adottare ulteriori misure nell’implementazione dei servizi sociali forniti alle vittime di violenza domestica. Alla commissione d’inchiesta sono stati concessi quattro mesi di tempo per presentare il rapporto completo sul caso, che verrà successivamente reso pubblico dal Ministero.
L’indagine andrà ad aggiungersi a quella avviata dalla Commissione indipendente per i reclami contro la polizia, a sua volta al lavoro sull’omicidio Ghirxi.
Questa decisione fa seguito alla battaglia sul “rimbalzo delle responsabilità” messa in atto in questi giorni da più fronti, l’ultima nelle scorse ore, con la Fondazione dei servizi di assistenza sociale (FSWS) che su Facebook ha condiviso copia delle dichiarazioni giurate fornite da due dipendenti che assisterono Ghirxi, smentendo qualsiasi accusa di “dissuasione” messa in atto nei confronti della donna affinchè scegliesse di non sottoporsi alla valutazione del rischio, obbligatoria per ogni vittima di violenza.
Su questo punto e sulle dichiarazioni fornite dalla polizia che a sua volta ha smentito le accuse di inefficacia sul supporto fornito alla donna quando aveva chiesto aiuto, continua l’appello della famiglia della vittima, del suo avvocato e delle Ong, che chiedono l’avvio di una inchiesta indipendente come quella che due anni fa fu indetta a seguito del femminicidio di Bernice Cassar.