Incestuosi e denutriti. Così uno studio irlandese dipinge il maltese nell’antichità. Si potrebbero infatti sintetizzare così i risultati di recenti studi realizzati dal Trinity College di Dublino.
La ricerca, pubblicata a inizio maggio dalla rivista scientifica Current Biology, ha portato gli scienziati a indagare sulla composizione del Dna di maltesi vissuti circa 5.000 anni fa. Un salto nel passato reso possibile grazie a resti umani risalenti al neolitico, ritrovati all’interno della grotta del cerchio di pietre di Xagħra a Gozo.
Nello specifico, gli esperti hanno analizzato i resti attribuiti a 9 persone differenti, riuscendo a estrapolare informazioni da tre campioni, grazie al “sequenziamento del fucile”. Questa tecnica biologica consiste nel disporre con un certo ordine elementi casuali di Dna, e viene anche utilizzata in alcuni progetti di sequenziamento completo del genoma umano.
Risultato? Secondo gli scienziati, i maltesi del neolitico erano completamente differenti dal resto della popolazione europea, dei quali avevano perso la maggior parte dei cambiamenti genetici predominanti. Non solo: sempre le analisi di laboratorio attribuiscono agli antichi maltesi tratti recessivi, segno di un elevato tasso di consanguineità.
La pubblicazione scientifica pone inoltre l’accento su un altro fattore genetico: sempre paragonati alla media europea dell’epoca, il maltese era più basso. Questa particolarità sarebbe da attribuire alla scarsità di cibo sull’isola, dovuta anche all’assenza di contatti con altre popolazioni.
L’assenza totale di migrazione e di nuovi abitanti sull’isola avrebbe contestualmente aumentato la consanguineità tra i maltesi, che sempre secondo lo studio irlandese si sarebbe protratta per numerosi cicli genealogici.
Uno dei resti ossei analizzati ha infatti evidenziato il secondo tasso di consanguineità più elevato mai scoperto, secondo solo ad alcuni resti scoperti all’interno di una tomba irlandese, ai quali viene attribuita consanguineità di primo grado, frutto quindi di un accoppiamento tra fratelli o addirittura tra genitore e figlio.
Al di là di eventuali pregiudizi figli della civiltà moderna, queste nuove scoperte regalano a Malta un patrimonio di conoscenza delle proprie origini immenso.
Il campione considerato è troppo piccolo per essere considerato statisticamente significativo. Non mi sembra corretto estendere le caratteristiche rilevate alla genericità della popolazione dell’epoca. E’ una testimonianza isolata: interessante, certo, ma che non deve indurre a conclusioni che potrebbero rivelarsi completamente sbagliate. I particolare la ddotta condizione di “isolamento” della popolazione neolitica di Malta appare veramente poco convincente.