Il progetto per la trasformazione della baia di Xlendi, celebre ed antico villaggio di pescatori che ogni anno attira migliaia di residenti e turisti è quasi giunto al termine della sua prima fase.
Uno dei litorali più amati da gozitani e maltesi ha subito l’ultima ed irreversibile trasformazione iniziata lo scorso mese di novembre, che ha visto la demolizione di due ristoranti presenti nell’area, per dare spazio ad un imponente condominio di sei piani (appena ultimato), e ad un altro edificio multipiano che ospiterà un hotel e altre attività commerciali.
Sin dalla presentazione del progetto, diverse ONG e residenti del luogo avevano espresso totale disappunto per la realizzazione delle imponenti strutture che, già su carta, avevano fatto intuire l’enorme impatto che avrebbero avuto sul paesaggio naturale della baia; ma ogni voce pare non essere mai stata ascoltata.
La ONG Din l-Art Ħelwa Ghawdex, impegnata nella promozione per la conservazione e la protezione degli edifici e dei monumenti storici del luogo, era insorta sottolineando quanto fosse «inconcepibile che una domanda di pianificazione così controversa su un sito così sensibile, abbia ottenuto un unico reclamo durante il periodo di consultazione obbligatorio», facendo presente che probabilmente gli inderogabili avvisi da corrispondere ai vicini del sito potrebbero non essere stati distribuiti come richiesto dalla legge.
In trent’anni i Maltesi sono riusciti a trasformare la loro piccola isola in una schifezza. Squallidi ed abnormi edifici in cemento mal costruiti, totale assenza di qualsiasi piano regolatore, una fame di soldi insaziabile e corruzione a tutti i livelli. Una situazione scoraggiante. E’ facile prevedere che ciò che oggi viene pubblicizzato come “residenze di lusso” (sic) andrà incontro ad un rapido degrado: il cemento malfatto deperirà rapidamente a contatto con la salsedine ed inizierà a mostrare i ferri d’armatura, come oggi avviene con i ponti italiani. Passata la follia speculativa Malta si ritroverà con interi centri abitati che si trasformeranno in ghetti puzzolenti. Eppure le vicende delle “Vele” a Napoli, del “Corviale” a Roma e dello “Zen” a Palermo avrebbero dovuto insegnare qualcosa. Invece niente. Non è certo questo il posto dove si possa insediare una comunità evoluta.