Nessuna responsabilità oggettiva per la morte di Stephen Mangion, il 55enne deceduto la sera del 27 agosto al pronto soccorso del Mater Dei a causa di problemi cardiaci. A confermarlo, per la seconda volta dopo l’inchiesta della magistratura, è stata un’altra inchiesta indipendente guidata dall’ex giudice Joseph D. Camilleri, voluta per fare luce sul possibile caso di malasanità.
Nonostante sia stato sottoposto a triage e a un elettrocardiogramma non appena arrivato al Mater Dei, Mangion è stato costretto ad attendere circa due ore per mancanza di posti disponibili nelle stanze del pronto soccorso. Durante l’attesa, l’uomo è collassato ed è morto per una dissezione aortica, una condizione rara ma altamente letale.
L’inchiesta, resa pubblica dal Ministero della Salute, ha evidenziato che nonostante l’adeguata gestione iniziale e la prontezza del personale, il sovraffollamento del pronto soccorso ha impedito che la vittima ricevesse cure immediate anche se, data la gravità delle sue patologie, difficilmente sarebbe riuscito a salvarsi. Il processo di dissezione aortica sarebbe infatti iniziato alle 4 del mattino, ovvero quando il 55enne iniziò ad accusare i primi dolori, rifiutando però di farsi visitare se non verso le 19. Ad aggravare il tutto, anche il fatto che Mangion non stesse seguendo le terapie prescritte per curare le sue patologie cardiache.
In precedenza, un’altra inchiesta condotta dal magistrato Joe Mifsud ha tratto conclusioni molto simili, escludendo qualsiasi negligenza da parte del personale medico del Floriana Health Centre e del Mater Dei. Medici e infermieri hanno agito in modo professionale, seguendo le procedure appropriate per salvare la vita di Mangion.
Il rapporto di Camilleri ha anche messo in luce alcune criticità strutturali. Al centro sanitario di Floriana (dove Mangion si era recato prima di essere indirizzato al Mater Dei), l’uomo sarebbe stato assistito solo da tirocinanti, che non avrebbero avuto la possibilità di consultare degli specialisti. Inoltre, il sistema di fast track non era operativo in quel momento, e le macchine ECG erano tenute sotto chiave, complicando ulteriormente la gestione del paziente.
Al pronto soccorso del Mater Dei la situazione sarebbe stata altrettanto critica a causa del sovraffollamento, e per giunta con un solo medico “senior” presente nell’area dove Mangion è stato assistito. Il medico in questione, già impegnato nella cura di altri sei pazienti gravi, non poteva dedicare l’attenzione necessaria a nuovi casi. Dopo due ore di attesa, il 55enne ha manifestato dolori sempre più forti dolori al petto, ed il personale infermieristico gli ha somministrato alcuni analgesici, ma non c’è stato tempo di effettuare una nuova valutazione clinica.
L’inchiesta ha evidenziato la necessità di migliorare la gestione delle emergenze e ha suggerito di destinare personale specifico per monitorare i pazienti in attesa, specialmente durante i periodi di maggiore affluenza, raccomandando anche un’espansione del pronto soccorso per affrontare la cronica carenza di stanze e di risorse umane.
Nonostante i limiti infrastrutturali, l’inchiesta ha concluso che il personale sanitario ha fatto il possibile, al netto delle difficoltà affrontate ogni giorno da chi lavora all’interno dell’ospedale.