Malta è tra i 164 firmatari del Global Compact per Migrazioni sicure, ordinate e regolari, accordo internazionale e intergovernativo non-vincolante sostenuto dalle Nazioni Unite
Il Global Compact, accordo intergovernativo promosso dall’ONU e firmato il 10 e 11 dicembre a Marrakech, in Marocco, dopo due anni di negoziati, ha riacceso in diversi Paesi il dibattito sul fenomeno migratorio.
Dei 193 Paesi facenti parte delle Nazioni Unite, 29 non hanno ancora sottoscritto l’accordo e tra questi troviamo assenze rilevanti, in primis quella degli Stati Uniti, i quali hanno già dichiarato da tempo la loro contrarietà.
Grandi assenti sono anche l’Australia, l’Austria e i Paesi del Gruppo di Visegrad, ovvero il blocco Est europeo composto da Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca.
Altri Paesi assenti alla conferenza di Marrakech invece, tra i quali Svizzera e Italia, non hanno ancora sciolto la riserva su un’eventuale adesione e firma del patto in un secondo momento.
Ma, nonostante l’adesione, anche Malta non è esente dal dibattito, come dimostra l’esposto presentato in procura da parte dei nazionalisti del Moviment Patrijotti Maltin e riportato dal quotidiano The Malta Independent.
Andando sui contenuti dell’accordo, si evince che l’obiettivo principale è quello di armonizzare le politiche migratorie dei diversi Paesi interessati dal fenomeno, favorendo quindi la cooperazione e il dialogo per una gestione virtuosa e ordinata del fenomeno.
Dei 23 punti enunciati nel documento, i quali costituiscono gli obiettivi del patto intergovernativo, spicca poi il primo, il quale parla della necessità di sviluppare politiche migratorie saldamente ancorate allo studio dei dati relativi al fenomeno.
Quest’ultimo aspetto sembrerebbe quasi banale, ma in realtà, data la diffusa asimmetria tra percezioni e dati reali, si tratta di un obiettivo cruciale per una migliore comprensione e gestione del fenomeno migratorio.
Un altro aspetto ampiamente dibattuto è quello relativo alla paventata perdita di sovranità nazionale che, secondo gli oppositori dell’accordo, estrometterebbe i singoli Stati dal poter gestire i propri confini.
Proprio a questo concetto è infatti dedicato un paragrafo specifico, nel quale si sottolinea come l’adesione al Global Compact non comporti alcuna perdita di sovranità, né sulle politiche e né sui confini, come rimarcato anche al punto 11 dello stesso accordo.
In definitiva, si tratta quindi di un documento, non-vincolante, che mira ad armonizzare l’approccio sul tema partendo da obiettivi e linee guida condivisi, ferma restando la possibilità per ogni Stato di adottare le proprie politiche migratorie.
E, a 70 anni dalla firma della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, nella quale è parte integrante il diritto di movimento, viene da chiedersi se la stessa Dichiarazione verrebbe firmata anche oggi da quegli stessi Paesi.