Svolta storica a Malta, dopo che venerdì il ministro della salute Chris Fearne ha comunicato l’annullamento del divieto di donare il sangue per gli uomini omosessuali. Un cambiamento epocale per l’arcipelago, che fino a oggi ha vissuto l’omosessualità come un pericolo per la salute pubblica.
Già, perché il motivo che ha mantenuto in vigore questo divieto per decenni è semplice: il tasso di circolazione del virus Hiv decisamente maggiore tra i maschi gay, rispetto a qualsiasi altro tipo di coppia. Cosa statisticamente vera, ma che non etichetta un omosessuale come “malato a prescindere”, e tantomeno esula un eterosessuale o una donna gay dall’infettarsi e trasmettere il virus che causa l’AIDS.
E così, il governo ora ha deciso di eliminare una regola risalente agli anni ‘80, sollevato anche dal fatto che il National Blood Transfusion Service abbia acquistato delle apparecchiature avanzate per l’analisi del sangue. Così anche quella parte di popolazione potrà donare, senza costituire pericolo alcuno.
«Ora disponiamo di apparecchiature molto sensibili che analizzano il sangue in modo accurato. Per questo motivo, a partire da oggi, gli uomini gay potranno donare il sangue. Non ci sarà più alcuna discriminazione basata sull’orientamento sessuale quando si tratta di donare» ha affermato Fearne. Tuttavia, sui media maltesi che hanno riportato la notizia non viene approfondito un aspetto rilevante, ovvero se queste nuove “apparecchiature avanzate” che avranno certamente dei costi di esercizio, saranno utilizzate per tutti, o solo per gli aspiranti donatori maschi che si autocertificheranno come gay.
Anche la segretaria parlamentare per l’uguaglianza Rebecca Buttigieg ha espresso soddisfazione: «Gli omosessuali non saranno più respinti quando vorranno donare il sangue. Questo dimostra l’impegno del governo per garantire l’uguaglianza».
La fine dei divieti arriva proprio in occasione della Pride Week in programma da venerdì 2 a domenica 11 settembre. Anche la comunità LGBTIQ+ esulta. Poco importa se l’uguaglianza tanto agognata arriva a tre anni di distanza dall’effettiva abolizione del divieto, sancita già nel 2019 ma mai applicata.
Oltre a investire su macchinari per scovare eventuali malattie, forse però sarebbe utile promuovere l’educazione sessuale e disincentivare i comportamenti a rischio, a prescindere dall’orientamento.