Attraverso la voce del suo presidente, Robert Aquilina, la ONG Repubblika si è presentata davanti al tribunale di Valletta, sabato mattina, per criticare aspramente l’immobilità della giustizia maltese nei confronti dei casi di corruzione rimasti ancora irrisolti nel Paese.
Ad enfatizzare il messaggio, appese sui cancelli dell’edificio, sono comparse le foto di politici, alcuni dei quali ancora in possesso di cariche pubbliche, e personalità presumibilmente coinvolte negli affari più torbidi legati all’arcipelago, che hanno riempito le pagine di cronaca dei quotidiani locali ed internazionali negli ultimi anni.
Sulla scia anche delle recenti dichiarazioni rilasciate dal Procuratore Capo dell’Anticorruzione Europeo (EPPO), Laura Codruţa Kövesi, che ha sottolineato l’impossibilità di individuare nelle istituzioni maltesi un organismo realmente concentrato sulla lotta al crimine finanziario, Aquilina ha esortato le autorità preposte a fare il loro lavoro, assicurando ai cittadini una lotta concreta alla corruzione ed ai traffici che danneggiano l’immagine di Malta.
«Non permetteremo che queste umiliazioni continuino come se nulla fosse accaduto e non ci fermeremo finchè i responsabili non saranno assicurati alla giustizia» ha sottolineato il presidente di Repubblika.
Proprio gli scandali legati alla corruzione, come ricorda la ONG, sono ancora in attesa degli avvii processuali. Vicende che fanno parte della serie di eventi che gravitano attorno all’eclatante omicidio di Daphne Caruana Galizia e allo scandalo internazionale dei Panama Papers.
«Mentre la polizia ha incriminato Yorgen Fenech accusandolo dell’omicidio di Caruana Galizia, non ha ancora incriminato nessuno sul movente che ha portato alla morte della giornalista, ovvero la corruzione» ha sottolineato Aquilina, domandandosi come mai non siano stati mossi ancora passi in questa direzione nonostante siano ormai trascorsi quattro anni e mezzo dalla terribile vicenda.
«Non può essere che in tutto questo tempo la polizia e il procuratore generale non siano stati in grado di formulare una sola accusa contro nessuna di queste persone, contro coloro che hanno favorito i corrotti e chi aveva interesse a non arrestare gli individui coinvolti nell’assassinio di Daphne Caruana Galizia».
L’esempio principale, ricorda l’ONG, è rappresentato da Yorgen Fenech, l’imprenditore coinvolto nel caso dell’omicidio della giornalista, ma al tempo stesso mai incriminato per accuse di corruzione nei suoi confronti e nei confronti di 17 Black, la società di sua proprietà con sede a Dubai.
«Non importa quanti tentativi si facciano per dimenticare e allontanare il popolo, noi continueremo a chiedere giustizia», afferma la ONG, ricordando lo spettro della corruzione che ancora avvolge le vicende legate ai contratti Electrogas, al parco eolico montenegrino, alla vendita dei tre ospedali pubblici e alla questione di Pilatus Bank.
Affrontando il tema degli scandali legati alla politica locale, invece, il presidente di Repubblika ha affermato che i voti del popolo nelle elezioni generali non dovrebbero essere usati come forma di assoluzione per coloro che hanno commesso o favorito attività illegali nel Paese, tantomeno un meccanismo plateale per mostrare una coscienza pulita che, forse, non esiste.
«Tra le persone la cui foto è appesa sui cancelli del tribunale compare anche chi era in servizio per prevenire questi crimini e per arrestare e assicurare alla giustizia tutte le persone coinvolte. Invece di fare il loro dovere verso il nostro Paese e verso la giustizia, questi pubblici ufficiali sono andati a mangiare il coniglio o a sedersi e divertirsi con coloro che avrebbero dovuto indagare. Queste sono scene che eravamo abituati a vedere solo nei film di mafia» conclude Robert Aquilina, rimarcando ancora una volta quanto questo clima in tema giudiziario rappresenti un problema da combattere fino allo stremo, non lasciando nulla di intentato e non permettendo a personaggi simili di non pagare per le azioni intraprese.
«Questa impunità deve cessare e noi continueremo a premere affinchè termini presto. È su questo sistema di impunità che le forze criminali nel nostro Paese riposano e vagano».