Morire di stenti mentre le istituzioni dei Paesi che avrebbero potuto e dovuto salvarla stavano a guardare. È il destino che la vita ha riservato a Loujin Ahmed Nasif, la piccola siriana di 4 anni morta di sete su un’imbarcazione nell’area di ricerca e salvataggio di Malta, nelle acque tra l’arcipelago e la Grecia.
Loujin non è sopravvissuta a causa dell’indifferenza e dell’egoismo dell’essere umano, dei suoi simili che hanno preferito lasciarla agonizzare su una barca in avaria anziché trarla in salvo. Con lei c’erano la mamma e la sorellina di appena 1 anno. In tutto, 62 persone provenienti da Siria, Libano e Palestina, unite in uno dei tanti viaggi della speranza e della disperazione, che troppo spesso finiscono in tragedia vicino alle coste europee. Su quel peschereccio raffazzonato partito dalle coste del Libano c’erano persone in cerca di una vita migliore, lontano da guerre, violenza e povertà. Persone che a un certo punto hanno avuto bisogno di aiuto, per non morire in mezzo al mare. Loujin si poteva salvare, ma è stato scelto diversamente.
Nella giornata di venerdì 16 settembre la bimba è stata sepolta nel cimitero di Agios Loukas a Chania, in Grecia, come riportano i media del luogo. La stessa Grecia che, insieme a Malta non avrebbe risposto ai numerosi appelli lanciati nei giorni scorsi da Alarm Phone, salvo poi, secondo quanto si apprende dai giornali italiani, fare richiesta di intervento ad una nave mercantile di passaggio nell’area. La piccola sarebbe quindi stata soccorsa dopo dieci giorni alla deriva nel Mediterraneo e trasportata in condizioni di salute critiche da un elicottero della Marina all’ospedale greco di Chania. Troppo tardi: Loujin era già morta per disidratazione tra le braccia di chi l’ha messa al mondo. Le sue ultime parole? «Ho sete, mamma». Una fine terribile, una sofferenza che nessuno meriterebbe, men che meno un bambino innocente. Loujin ora riposa in un luogo lontano da casa, ma tremendamente vicino a quella vita migliore che qualsiasi bambino meriterebbe.
Sull’ennesima tragedia del mare, dopo lo sfogo dei giorni scorsi della Commissione Giustizia e Pace della Curia maltese, è intervenuta anche l’Ong Moviment Graffitti, che sempre venerdì sera ha organizzato una veglia alla quale hanno partecipato anche l’arcivescovo Charles Scicluna e l’ex presidente della Repubblica Marie Louise Coleiro Preca.
La Ong si è scagliata contro le autorità maltesi, accusate di aver “ignorato i segnali di soccorso” dell’imbarcazione dove si trovava Loujin: «Questa inazione, in spregio al diritto del mare e in violazione dei valori morali fondamentali e dei diritti umani, è diventato un modello omicida. Innumerevoli altri richiedenti asilo in difficoltà quest’estate e un numero sempre maggiore di persone negli ultimi anni non sono state aiutate a mettersi in salvo, a seguito di una politica del governo maltese di non assistenza e di respingimento forzato dei migranti in mare» si legge nel comunicato diffuso da Moviment Graffitti.
La Ong ha chiesto infine a Malta di riconsiderare la propria politica di tolleranza zero sull’immigrazione che di fatto «nega il diritto d’asilo, ritarda i soccorsi e costringe le persone a tornare in zone di guerra e in campi di detenzione».
Anche Coleiro Preca, presente alla veglia, ha preso posizione rispetto l’accaduto: «Tutto ciò non sta succedendo in nostro nome, e le decisioni prese non riflettono le convinzioni del popolo maltese» ha affermato l’ex presidente della Repubblica, condividendo inoltre il pensiero di Monsignor Charles Sicluna: «Ci aspettiamo una spiegazione in Parlamento sul motivo per cui non è stato dato alcun aiuto, e su quale sia la posizione del governo. Se la politica maltese non è quella di aiutare le persone bisognose, sicuramente non sarà in nostro nome».
Intanto, nella giornata di sabato il Consiglio per i rifugiati di Malta ha richiesto l’apertura di un’indagine sulle procedure di soccorso del peschereccio, per verificare eventuali responsabilità del governo maltese sui ritardi che sono costati la vita alla bambina. Lo stesso Consiglio infatti ammette la presenza di numerose discrepanze sulle (poche) informazioni rese pubbliche sulla tragedia, diffuse in seguito agli articoli pubblicati dai media.
La responsabilità ricade sui suoi genitori per aver tentato di entrare illegalmente in un altro paese.
Inoltre, erano molto vicini alla Grecia ed era responsabilità dei greci salvarli