«Rendere il femminicidio un reato penale è “inutile” perché il reato di omicidio volontario comporta già l’ergastolo, ovvero la pena più alta possibile».
Questa l’affermazione resa dal ministro della Giustizia Edward Zammit Lewis in risposta al rapporto fornito dall’Università di Malta e dalla Women’s Rights Foundation pubblicata quarantotto ore dopo l’omicidio della giovane donna polacca Paulina Dembska, brutalmente assassinata agli Independence Garden di Sliema lo scorso 2 gennaio.
Il documento richiede che il femminicidio venga considerato un reato penale o come aggravante nel caso si verificasse un omicidio, raccomandando inoltre che venga effettuato un monitoraggio tramite GPS per i sospettati liberi su cauzione, come strumento in grado di ridurre i casi di violenza sulle donne.
«Quello che è successo recentemente è stato uno shock sociale. Tuttavia, gli emendamenti legali non devono essere fatti come “reazione istintiva” a ciò che accade» ha commentato il ministro.
Come invece avviene in altri ordinamenti, al momento la legge maltese in realtà non prevede la configurazione del femminicidio come reato penale a sé stante, bensì viene configurato come reato di omicidio volontario senza distinzione di genere, per il quale viene inflitta la pena massima dell’ergastolo, non essendo prevista dalla legislazione locale una punizione maggiore della detenzione a vita.
«Per questo motivo, sarebbe inutile considerare l’introduzione di un ulteriore reato che comporterebbe comunque la stessa pena» spiega Zammit Lewis.
Malta, come altri Stati europei tra cui l’Italia, ha aderito alla Convenzione di Istanbul, introdotta per prevenire e contrastare la violenza domestica e ogni genere di abuso contro le donne.
«Questo non significa che non dobbiamo fare di più, non solo a livello legislativo e amministrativo, ma anche educativo, affinchè vicende del genere non si ripetano mai più» ha concluso il ministro della Giustizia.