Caldo torrido, niente condizionatori e chili di cibo surgelato andato a male. Questa è stata l’estate 2023 nel periodo più caldo a Malta, tormentata dai continui blackout patiti dalla rete elettrica dell’arcipelago. Le alte temperature – così dicevano le autorità, scongiurando un problema legato all’aumento della domanda – fondevano letteralmente i cavi posti nel sottosuolo, già messi a dura prova dalle precarie condizioni degli impianti.
Ora, Enemalta mette già le mani avanti per quello che potrebbe nuovamente accadere quest’estate: nei mesi più caldi l’approvvigionamento energetico potrebbe infatti non essere garantito, ancora una volta. Per scongiurare l’eventualità, è necessario muoversi in fretta e costruire un impianto di emergenza alimentato a gasolio, per una potenza pari a 60 megawatt. Designata anche l’area in cui dovrebbe sorgere l’impianto.
Stando a quanto riportato dai media maltesi, il campanello d’allarme è stato suonato da Ryan Fava, presidente esecutivo di Enemalta. A quanto pare, Fava ha davvero fretta di realizzare il progetto, tanto da aver chiesto e ottenuto dall’Autorità per le Risorse Ambientali (ERA) l’esenzione alle valutazioni di impatto ambientale (EIA), al fine di accorciare i tempi burocratici.
Nello specifico, la centrale sarà composta da due generatori alimentati a gasolio, posizionati all’interno di un container nei pressi della centrale elettrica di Delimara. Nelle previsioni, il progetto dovrebbe costare circa 46 milioni di euro ogni 27 mesi di utilizzo e un massimo di 500 ore (pari a 20 giorni) di accensione all’anno.
Sempre secondo Enemalta, la richiesta di energia elettrica nell’estate 2024 potrebbe essere superiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Senza l’impianto di emergenza, è quindi quasi certo che i cittadini subiranno gli stessi disagi dello scorso anno, se non peggio. A novembre 2023, lo stesso Fava ha segnalato le previsioni all’ERA, sottolineando la necessità di correre ai ripari il più in fretta possibile.
Ma potrebbe essere già troppo tardi: l’installazione dell’impianto di emergenza richiederebbe un tempo compreso tra i sei e gli otto mesi. Il rischio di “bucare” almeno il mese di luglio è quindi concreto.
Inoltre, i generatori entrerebbero in funzione anche nel periodo invernale, con maggiore richiesta di energia elettrica tra gennaio e febbraio, oltre a sopperire a eventuali guasti nel collegamento con la rete europea di approvvigionamento.
Sulla questione è intervenuto a gamba tesa il Partito Nazionalista, per bocca di Rebekah Borg, portavoce dell’ambiente: «Fino a poco fa non si prevedeva un aumento della richiesta di energia, mentre ora si parla di un impianto d’emergenza. Il governo dovrebbe prevedere le criticità e agire per tempo. Questo è un chiaro segno di scarsa pianificazione».