Joseph Muscat ha annunciato le proprie dimissioni, che avranno luogo però a gennaio, dopo che il Partito (cioè Muscat) avrà scelto il successore. Ecco perché la toppa è peggiore del buco. L’editoriale del direttore del Corriere di Malta.
La «exit strategy» di Joseph Muscat era quella di ottenere un ruolo istituzionale in Europa. Lo aveva detto, non ci è riuscito. In altri termini: non lo hanno voluto.
Dopo la spettacolare riconferma delle elezioni del 2017 con le quali i laburisti hanno asfaltato i nazionalisti con uno scarto di 40.000 voti (uno dei più alti mai registrati nella storia politica maltese) la posizione del premier si è fatta sempre più scomoda, il Governo bersagliato dagli scandali che, uno dopo l’altro, la stampa internazionale continuava a mettere sotto i riflettori.
Per non parlare dello scandalo più grande: la morte per attentato con esplosivi di una giornalista investigativa. Nel 2017, all’interno di quella Unione Europea che, a parole almeno, si erge paladina della libertà di stampa.
Diciamolo: Joseph Muscat non è toccato da nessuna inchiesta giudiziaria in corso.
Diciamo anche: la posizione politica di Muscat è indifendibile, e non da oggi.
Gli scandali che hanno interessato e interessano i suoi collaboratori sono troppi e troppo gravi. Il suo braccio destro, miglior amico e capo di gabinetto Keith Schembri si è dimesso. Il suo nome è stato fatto dal faccendiere Yorgen Fenech nel corso dell’interrogatorio sulla morte di Caruana Galizia. A suo nome risulta una società panamense che riceve finanziamenti dalla 17 Black con sede a Dubai. Proprietà sempre di Yorgen Fenech.
E uno, e due e tre: ieri Joseph Muscat ha annunciato le proprie dimissioni dopo una settimana che più nera non si poteva. Dimissioni di ministri, società civile in piazza, il Parlamento europeo che invia una commissione per indagare «con urgenza» sulle vicende di un Governo che non è più maltese: è europeo.
Ma queste non sono vere dimissioni. Non solo perché Muscat le ha ascritte a «una scelta personale presa da tempo». Ma perché Joseph Muscat non se ne sta andando: si sta trincerando.
Gestirà lui in prima persona il passaggio di consegne a un nuovo leader laburista. Che sarà eletto dallo stesso partito che ha dato a lui, a Muscat, una delega in bianco e «pieni poteri». Muscat avrà un mese e mezzo, forse più, per ripulire tutti gli angoli – anche i più remoti – di Castille, dove c’è anche l’ufficio del suo bff Keith Schembri.
Dimissioni a scoppio ritardato che suonano come una beffa per la società civile. Joseph Muscat farà un passo indietro, restando in Parlamento. Un passo indietro nell’ombra e fuori dai radar. Al suo posto un «volto nuovo» del Partito laburista, probabilmente la sua delfina Miriam Dalli, attualmente europarlamentare. Una donna, giovane, che si batte per le pari opportunità e i diritti civili. Cosa si può chiedere di più a un fantoccio?