«Non tutti i vaccini sono efficaci al 100%». Cosi si è espressa qualche giorno fa la Sovrintendente alla salute pubblica, Charmaine Gauci, nel commentare i decessi di sei persone che si erano regolarmente vaccinate contro il COVID-19. L’affermazione della Gauci ha rilanciato il dibattito sulla tipologia dei prodotti utilizzati per combattere la pandemia. Di seguito pubblichiamo una mappa (fonte Tg24.Sky.it) degli antidoti utilizzati e le loro principali caratteristiche.
PFIZER-BIONTECH – Viene somministrato in due dosi con un intervallo di oltre tre settimane ed ha un’efficacia di oltre il 90%. Deve essere conservato a -70 gradi ed è indicato per persone dai 16 anni in su. Prodotto dall’americana Pfizer coi tedeschi di BioNTech, si basa sulla tecnica dell’Rna messaggero. Utilizza le informazioni contenute nel nucleo del Sars-Cov2 alla proteina Spike di cui il virus si serve per agganciare le cellule umane e penetrarle. Il vaccino, una volta iniettato, dovrebbe riuscire a stimolare la produzione di anticorpi, proprio contro questa proteina
MODERNA – Viene somministrato in due dosi con intervallo di 4 settimane e ha un’efficacia del 95%. Deve essere conservato a -20 gradi ed è registrato per persone con oltre 18 anni. È molto simile a quello Pfizer, come sottolinea anche la stessa Aifa: “Sostanzialmente sovrapponibili” per efficacia e sicurezza, spiega l’Agenzia del farmaco. Anche la concezione è molto simile: entrambi sfruttano la tecnologia dell’Rna messaggero.
ASTRAZENECA – Il vaccino AstraZeneca è stato realizzato dallo Jenner Institute di Oxford e dall’Irbm di Pomezia (Italia). L’approvazione dell’Ema e dell’Aifa è arrivata a fine gennaio. Viene somministrato in due dosi. L’efficacia è del 62%, ma col passare dei giorni dopo la prima dose aumenta fino a raggiungere l’80% entro la 12ma settimana, quando viene somministrato il richiamo. Deve essere conservato a temperature tra i 2 e gli 8 gradi. È basato sul vettore virale, ovvero utilizza un virus (dello scimpanzé), innocuo per l’uomo, che funge da navicella per trasportare nelle cellule umane il codice genetico delle proteine del virus contro le quali si vuole innescare la produzione di anticorpi. L’obiettivo è la proteina Spike.
JOHNSON&JOHNSON – Altro prodotto americano, è stato appena autorizzato negli Stati Uniti. Potrebbe presto arrivare anche in Europa, si prevede l’approvazione entro la fine del mese. Una parte della produzione avverrà in Italia, nello stabilimento di Anagni della Catalent, in provincia di Frosinone. Si tratta al momento dell’unico vaccino monodose. Deve essere conservato tra i 2 e gli 8 gradi e ha un’efficacia compresa tra il72% e l’86%. Prodotto dalla casa farmaceutica statunitense, è basato su vettori derivati da adenovirus di serotipo 26 (Ad26). Quando si riceve la dose, gli adenovirus inducono la produzione di una proteina che viene poi riconosciuta come una minaccia dal sistema immunitario. Viene così a svilupparsi una difesa contro la proteina del coronavirus, senza dover entrare in contatto con il coronavirus vero e proprio.
SPUTNIK – Finora è stato approvato dalle autorità russe e in totale in 38 Paesi del mondo, ma manca ancora l’autorizzazione dell’Ema per farlo entrare tra quelli acquistabili da Bruxelles. Viene somministrato in due dosi con un intervallo di 21 giorni. Ha un’efficacia del 92% e viene prodotto con formulazione congelata (conservazione a -18 gradi) e liofilizzata (conservazione tra i 2 e gli 8 gradi). Il prodotto russo utilizza due diversi adenovirus che trasportano la proteina Spike. Il meccanismo di funzionamento è tipico dei vaccini vettoriali: indurre la protezione di Spike nelle cellule dell’ospite per stimolare la risposta immunitaria.
CUREVAC – Si tratta di un vaccino tedesco realizzato in partnership con la casa farmaceutica Bayer. L’Ema ha appena avviato il processo per l’autorizzazione provvisoria, che secondo l’ad di CureVac è attesta tra fine maggio e giugno. Non ci sono ancora informazioni ufficiali sull’efficacia. Come altri vaccini, si legge in un comunicato diffuso sul sito dell’Ema, “si prevede che CVnCoV (questo il nome scientifico del vaccino, ndr) prepari il corpo a difendersi dall’infezione da Covid-19”. Il virus, ricordano gli esperti, utilizza proteine presenti sulla sua superficie esterna, chiamate “proteine spike”, per entrare nelle cellule del corpo e innescare la malattia del Covid-19. Anche CVnCoV utilizza l’mRNA
NOVAVAX – Anche per il Novavax, così come per Curevac e J&J, l’Ema a febbraio ha comunicato di aver iniziato l’esame di “revisione continua” o “rolling review” sul vaccino. La procedura rientra nei piani di valutazione accelerata su farmaci che vengono considerati promettenti. La decisione si basa su risultati preliminari degli studi di laboratorio (dati non clinici) e dei primi studi clinici sugli adulti. L’azienda americana sta attualmente conducendo studi sulle persone per valutarne la sicurezza, l’immunogenicità e la sua efficacia contro il Covid-19. Il preparato, come si legge su Focus.it, “consiste in piccole particelle lipidiche che fanno da “puntaspillo” a copie ottenute in laboratorio della proteina Spike, la chiave che il coronavirus SARS-CoV-2 usa per accedere ai recettori ACE2 delle nostre cellule. Alla molecola lipidica con i suoi cloni di spike è aggiunto un composto di origine vegetale, la saponina, che ha una funziona immunostimolante: incoraggia cioè la risposta immunitaria dell’organismo, che inizia a produrre anticorpi contro la proteina più riconoscibile del SARS-CoV-2”.