Il clima maltese negli ultimi 20 anni ha mostrato cambiamenti sempre più estremi rispetto al passato, allontanandosi dagli standard caratteristici dell’arcipelago.
A mostrarlo è stato uno studio pubblicato dall’ufficio nazionale di statistica, svolto in collaborazione con il professor Charles Galdies dell’Università di Malta, basato su dati collezionati dal 1952 al 2020.
I rilevamenti, eseguiti nella stazione meteorologica del Malta International Airport, evidenziano tendenze climatiche particolarmente accentuate soprattutto per quanto riguarda la temperatura ambientale, quella delle acque marine, la siccità ed il tasso di umidità.
L’aumento della temperatura media ambientale, ad esempio, è risultato costante dall’inizio del monitoraggio, mostrando una differenza di +1,5 °C tra il 1952 ed il 2020; un risultato simile evidenzia come la media registrata sia aumentata di 0,2 °C ogni decennio.
Un discorso analogo vale anche per le temperature medie massime e per quelle notturne, anch’esse in aumento senza segnali di arresto.
Viaggia di pari passo anche la temperatura delle acque marine che, nell’intervallo 2000-2020, ha fatto registrare più della metà dei record mai ottenuti.
In crescita anche la siccità, a volte prolungata, a discapito delle precipitazioni: dal 1952 al 2020 le piogge sono diminuite di 10,3 mm in media per ogni decennio, generando anni consecutivi di siccità, in modo particolarmente evidente dal 2000 in poi.
Se da una parte piove di meno, però, nel contempo, ogni anno ha visto un incremento di violenti temporali abbattersi sull’arcipelago maltese, a testimonianza di come il clima sia sempre più soggetto a cambiamenti estremi, sia in positivo che in negativo.
Un trend al ribasso è invece quello relativo ai tassi di umidità, diminuiti di quasi 5 punti dal 1961 al 2020.
Le conseguenze tangibili del cambiamento climatico sul microclima maltese sono accentuate dall’assenza di programmazione territoriale ed urbanistica. A partire dagli anni ottanta uno sviluppo immobiliare disordinato determinato unicamente dall’intento speculativo (auri sacra fames) ha devastato buona parte dell’isola. I conglomerati edilizi che si sono venuti a creare sono – da punto di vista energetico ed ecologico – quanto di più negativo si possa immaginare.
Non è quindi solo un fatto di tipo estetico – culturale, non è solo una questione sociale di vivibilità ma – ormai – è chiaramente una questione di sostenibilità ambientale.
I governi e le amministrazioni che si sono succeduti nell’arco degli ultimi quarant’anni hanno compromesso l’ambiente maltese e le loro responsabilità storiche andranno individuate.
Ora tuttavia è urgente porre termine alla cavalcata dei folli e dare un nuovo orientamento all’intero comparto della programmazione territoriale nazionale. Un compito estremamente arduo che i partiti farebbero meglio a mettere tra i primi posti della loro agenda politica.