L’UNESCO ha avvisato Malta: è giunto il momento di prepararsi per l’arrivo di uno tsunami entro 30 anni, spiegando come sia fondamentale per le città costiere dell’arcipelago accelerare in direzione dei preparativi creando un piano funzionale entro la fine del 2023:
«C’è il 100% di possibilità che uno o più tsunami colpiscano il Mediterraneo entro 30 anni»
Come ormai stiamo tristemente assistendo, il surriscaldamento globale ed il conseguente innalzamento del livello dei mari sono destinati a cambiare i confini geografici come ora li conosciamo, portandosi dietro cataclismi climatici e meteorologici, almeno un tempo, estranei alle nuove regioni a rischio.
L’UNESCO avvisa inoltre Malta come l’attacco di uno tsunami sull’arcipelago sarebbe ancora più devastante, come confermato anche al Times of Malta dallo specialista del Programma del ICG/NEAMTWS, Denis Chang Seng:
«Nel Mediterraneo non c’è dubbio che avvenga questo cambiamento, non è un “se” ma un “quando”. Se Malta fosse sorpresa da uno tsunami sarebbe ancora più devastante per via delle numerose barche attraccate sulle coste»
Sempre lo specialista in materia si è soffermato sulla necessità d’incoraggiare una maggiore consapevolezza del problema incentivando svariati programmi come quello indetto lo scorso novembre a Marsaxlokk, dove, la Protezione Civile, e più in generale tutte le forze dell’ordine, insieme ad alcuni residenti, hanno preso parte ad una serie di esercitazioni.
Senza dimenticare il programma europeo Interreg Italia-Malta che, ad inizio anno, grazie alla sinergia tra i due Paesi, ha consentito alle squadre di soccorso di ottenere formazione specializzata nella gestione di emergenze in caso di tsunami nel Mediterraneo.
Ad ulteriore conferma che questo rischio possa concretamente materializzarsi, numerosi tsunami sono stati identificati tra il 2017 e il 2020 in Grecia e Turchia e, molti altri, sono attesi negli anni a venire tra Spagna, Francia, Egitto e altri Paesi della fascia mediterranea, Italia compresa.
Un barlume di speranza viene fornito dal principale esperto di tsunami dell’organizzazione educativa, scientifica e culturale dell’Onu, Bernardo Aliaga, il quale, ha confermato come anche Malta, posizionata nel cuore del Mediterraneo, stia progressivamente incrementando azioni che possano mitigare i danni in attesa di installare un sistema permanente di allerta-tsunami.
Basti pensare al fatto che, nonostante le esercitazioni di Marsaxlokk, il Paese non disponga ancora di un centro nazionale di allerta tsunami o di una struttura adeguata per ricevere informazioni e fornire consulenza scientifica.
A Marsaxlokk le infrastrutture necessarie, come pannelli informativi, sirene, segnaletica e sensori del livello del mare sono state installate e testate durante l’esercitazione in una zona, dove, circa 3.500 abitanti e 143 edifici sarebbero bersaglio facile per un maremoto.
L’importanza di una preparazione adeguata è stata ampiamente sottolineata dalle tragedie passate, come nel caso dello tsunami che il 26 dicembre del 2004 ha colpito l’Oceano Indiano rivelandosi il più mortale della storia (230.000 vittime in 14 Paesi), oppure come il terremoto di magnitudo 9.1 che nel 2011 colpì le coste di Honshū, l’isola più grande del Giappone, generando uno tsunami di quasi 40 metri che portò alla morte di 18.000 persone.
Da anni lo tsunami Warning System offerto dal National Weather Service cerca di fornire una maggiore consapevolezza riguardo i segnali da interpretare e le azioni da svolgere nel caso di un’allerta maremoto:
Come riportato dallo stesso Aliaga, inoltre, risulta strettamente necessario che entro il 2030 i Paesi ad alto rischio dispongano di mappe di evacuazione, allerte funzionanti 24 ore su 24, costanti esercitazioni e qualsiasi altro dispositivo o sistema di prevenzione utile al monitoraggio e alla evacuazione:
«Nel caso di uno tsunami locale, hai 20 minuti al massimo prima che la prima ondata colpisca. La seconda ondata è più grande e arriva 40 minuti dopo la prima»
Basti pensare allo “tsunami atmosferico” che proprio stamane ha risvegliato i residenti di Marsascala, St Julian’s ed altre zone costiere. Seppur non sia strettamente riconducibile al fenomeno del maremoto, rimane un indicatore esaustivo di quanto le condizioni meteorologiche nelle quali abbiamo vissuto fino ad ora, presto o tardi, sono destinate ad un profondo cambiamento. Con buona pace di chi, ancora adesso, spreca fiato negando il riscaldamento globale e l’innalzamento dei mari.
Per ciò che concerne il cambiamento climatico ed i suoi tragici effetti, governi e pubbliche amministrazioni sono ancora prevalentemente negazionisti. Intendiamoci: si tratta di una forma “pratica” di negazionismo; tutti i politici a parole sollecitano un cambiamento strutturale ma ai loro discorsi non segue alcuna azione concreta.
Malta poteva essere un esempio trainante di pianificazione ecocompatibile basata sull’uso di energie rinnovabili: l’ottusità, l’ignoranza, l’avidità senza limiti di una classe politica pietosamente inadeguata non lo ha permesso.
La sensazione è che il “punto di non ritorno” sia stato ormai superato. La natura si è ormai messa in moto , come dimostrano i tragici fatti della Marmolada avvenuti ieri.
Tracceremo i percorsi di evacuazione, metteremo i dispositivi di allarme, ma la grande onda non potrà essere fermata.