È uno scontro incandescente quello tra il ministro del Lavoro Carmelo Abela, e il parlamentare del Partito nazionalista Jason Azzopardi.
La scintilla è stata innescata da un post su Facebook nel quale Azzopardi ha sostenuto che Abela era coinvolto nella rapina alla sede di Qormi della HSBC avvenuta nel 2010, quando l’attuale ministro era un manager della banca.
L’esponente del PN ha dichiarato che all’attuale ministro erano stati offerti 300mila euro per dare informazioni riservate ai rapinatori. Per queste affermazioni, Abela ha citato in giudizio Azzopardi per diffamazione.
Le parole del parlamentare nazionalista prendono spunto da alcune dichiarazioni del pentito Vince Muscat, coinvolto nell’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia.
Muscat ha sostenuto che un attuale ministro del governo era coinvolto nella rapina alla HSBC; e la stessa cosa hanno affermato pure Alfred e George Degiorgio, ritenuti gli esecutori materiali dell’assassinio di Daphne, i quali hanno avanzato la richiesta di grazia promettendo in cambio di rivelare il nome del politico che aveva “collaborato” all’assalto fallito a Qormi.
Carmelo Abela voluto scrollarsi di dosso accuse e allusioni in una intervista al programma “Xtra” di TVM, nel corso della quale ha ribadito la sua estraneità a ciò che gli viene contestato.
«Ho negato, nego e continuerò a negare le accuse – ha detto il ministro del Lavoro – . Ho saputo chi sono questi criminali dai media. Non ho mai parlato con loro, non li conosco, non li riconosco e non sono mai stato presente nello stesso luogo in cui c’erano anche loro. Semplicemente non conosco queste persone».
Abela ha sferrato un duro attacco al parlamentare del PN: «Le sue accuse sono false e frivole. Jason Azzopardi rappresenta gli interessi della famiglia Daphne Caruana Galizia, ma va anche “a letto” con i criminali. Non sappiamo da che parte stia ed è un pericolo per la politica».
Qualche giorno fa Abela, consapevole delle polemiche che circondavano il suo nome, è uscito dalla riunione del governo nel momento in cui si discuteva se dare l’okay per la grazia ai fratelli Degiorgio (poi negata). L’assenza al momento di una decisione così delicata, il ministro l’ha spiegata così: «Se non fossi uscito dalla riunione, le critiche ora sarebbero state rivolte al Consiglio dei Ministri. Non volevo che ciò accadesse».