Yorgen Fenech è tornato ufficialmente a casa. A oltre cinque anni dall’arresto avvenuto nel novembre 2019 con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia, la “scomoda” giornalista fatta saltare in aria da un’autobomba nell’ottobre 2017, giovedì il tribunale ha confermato il trasferimento temporaneo al governo dei soldi offerti da sua zia, Moira Fenech, che si è fatta da garante per il nipote.
Dopo numerosi tentativi da parte dei suoi avvocati, Fenech ha ottenuto la libertà su cauzione il 24 gennaio scorso ma ha potuto lasciare il Corradino solo giovedì 6 febbraio, dopo il versamento del deposito di 80.000 euro più una garanzia personale di 120.000 euro.
A questi si è aggiunto “l’intervento” economico della zia che ha offerto come garanzia le sue quote azionarie di Tumas Group, pari al 15,45%. Nel concreto, si parla di una cifra da capogiro che supererebbe i 50 milioni di euro.
«Grazie», pare essere stata l’unica parola pronunciata da Fenech all’uscita dal carcere, rivolta ai giornalisti.
Per preservare la “libertà ritrovata”, dovrà rispettare rigide condizioni: dall’obbligo di non avvicinarsi entro 50 metri dalla costa e dagli aeroporti, a quello di firma su base quotidiana presso la stazione di polizia di St. Julian’s, oltre a rispettare il coprifuoco dalle 17 alle 11, nella residenza indicata dalla corte. Sarà inoltre sottoposto a sorveglianza costante, con un poliziotto di guardia fuori dalla sua abitazione 24 ore su 24.
Gli è stato vietato qualsiasi contatto con i testimoni dell’accusa, tra cui Melvin Theuma e l’ex capo di Gabinetto, Keith Schembri. A tutela della famiglia Caruana Galizia, il tribunale ha emesso un ordine di protezione che impedisce a Fenech di avvicinarsi o contattare i suoi membri.
Ogni richiesta di libertà su cauzione avanzata negli scorsi anni dai legali di Fenech era sempre stata respinta, avallata dai timori di una fuga. Tuttavia, la difesa ha impugnato il diritto maltese che garantisce la libertà su cauzione trascorsi 30 mesi dall’emissione dell’atto d’accusa e, seppur riconoscendo il rischio di fuga o di contaminazione delle prove, il tribunale ha ritenuto sufficiente la “solida garanzia” offerta dalla zia approvando così la richiesta del nipote.
Una decisione che ha inevitabilmente sollevato ampie condanne pervenute da diversi fronti, in prima linea dalla famiglia di Daphne Caruana Galizia e dalla Fondazione che porta il suo nome, più gli attivisti, le organizzazioni della società civile, e il Partito all’opposizione. Tutti schierati contro il «fallimento dello Stato» che a distanza di otto anni dall’omicidio della giornalista non è stato ancora in grado di fare giustizia, «deludendola anche da morta».
Circa un’ora prima del rilascio di Fenech dal carcere, uno dei figli della giornalista, Matthew Caruana Galizia, scriveva sui social:
«Il Primo Ministro ha avuto cinque anni per sistemare il nostro “inefficiente” sistema e non ha fatto nulla. Nessuno dovrebbe aspettare così a lungo per un processo. Non ci aspettiamo un trattamento speciale: questo è un problema grave che riguarda tutti»
«Nessuno può essere tenuto in carcere a tempo indeterminato senza processo, però è anche vero che i processi dovrebbero chiudersi prima che la cauzione diventi una preoccupazione» scrive la Fondazione Daphne Caruana Galizia.
«Imputati, procuratori e tribunali non dovrebbero essere autorizzati a prorogare il procedimento per anni perché i ritardi servono solo ai colpevoli che ne traggono beneficio», prosegue l’organizzazione, sottolineando le promesse mai mantenute sulla riforma dei procedimenti legali, fatte anche dall’attuale ministro della Giustizia, Jonathan Attard.
Eppure, sottolinea, «le riforme che il governo tarda ad attuare al sistema giudiziario contrastano in maniera inquietante con la velocità con cui lo stesso si è mosso per emanare una legislazione per limitare il diritto dei cittadini di chiedere l’avvio di una inchiesta della magistratura, rendendoci ancora più difficile garantire responsabilità».
«L’inchiesta pubblica sull’assassinio di Daphne Caruana Galizia – conclude la Fondazione – ha ritenuto lo Stato maltese “colpevole” di non essere stato in grado di proteggere la vita della giornalista e, ora, la sta deludendo anche da morta permettendo ai criminali di farla franca».
Proprio grazie a quel “sistema” citato da Matthew Caruana Galizia, Yorgen Fenech ha ora ottenuto il lasciapassare per tornare tra le mura di casa, dove attenderà la convocazione in tribunale per l’udienza del processo a suo carico che, sempre per via di quel “sistema”, non è neanche ancora stata calendarizzata. Daphne, invece, non potrà più farlo. E, dopo otto anni, aspetta ancora giustizia.
(immagine di archivio, credits: Repubblika)
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