Uno studio pionieristico pubblicato sulla rivista Frontiers in Marine Science ha confermato la presenza dello squalo bianco nel bacino del Mediterraneo, riportando alla luce dettagli fondamentali sui movimenti e le aree preferite di questo predatore, tra i più grandi del pianeta, in grado di raggiungere fino a sette metri di dimensione, ma anche una delle specie più a rischio a livello globale.
La ricerca, guidata dal biologo marino Francesco Ferretti della Virginia Tech University, è frutto di una collaborazione tra varie istituzioni accademiche e di ricerca, tra cui la Oregon State University e l’Università Politecnica delle Marche.
Attraverso spedizioni compiute tra il 2021 e il 2023, gli scienziati del team hanno analizzato dati genetici e ambientali in varie località del Mediterraneo, impiegando diversi metodi come telecamere subacquee remote con esche e tecnologia per l’analisi del DNA ambientale (eDNA) volta a rilevare tracce genetiche dell’animale nelle acque del Mediterraneo.
Il viaggio ha condotto il gruppo a Pantelleria, Lampedusa, Marsala, Malta e Tunisia, località scelte per la loro posizione geografica cruciale e per essere note zone di passaggio di diverse specie pelagiche, dove hanno identificato la presenza dello squalo bianco in cinque occasioni, in quattro punti di campionamento.
«Sebbene non abbiamo osservato direttamente gli squali bianchi, queste attività hanno supportato l’identificazione di una delle ultime roccaforti di questa popolazione nella regione e hanno avviato un programma multi-istituzionale di conservazione degli squali bianchi nel Mar Mediterraneo, con l’obiettivo di tracciare gli ultimi esemplari nella regione, stimare la loro abbondanza e il rischio di estinzione, caratterizzare l’ecologia della specie e informare la gestione e la conservazione» si legge nel rapporto di ricerca redatto da Ferretti e dal suo team, che sfrutteranno ora l’infrastruttura e l’esperienza di queste prime spedizioni per sviluppare un programma di monitoraggio con attività sul campo e spedizioni durante tutto l’anno.
I prossimi sforzi del gruppo di scienziati si concentreranno sulla Tunisia, zona fortemente influenzata dalla pesca e che sembra essere una delle ultime “culle” della popolazione. «Qui intensificheremo monitoraggio e campionamento di materiale biologico e dati sulla pesca. Nel frattempo, estenderemo la nostra ricerca ad altri settori del Mediterraneo, ampliando il campionamento in tutta la regione».