Il gruppo di attivisti de il-Kollettiv ha chiesto che vengano «immediatamente» riviste le politiche attive per l’occupazione e l’immigrazione sull’onda dei recenti screzi emersi tra Bolt e il governo.
Secondo il collettivo, infatti, il perpetuato abuso dei lavoratori da parte della compagnia di ride-hailing e delle agenzie interinali affiliate è il risultato diretto di un sistema inadeguato che, nei giorni scorsi, ha visto Bolt segnalare un calo del 19% della forza lavoro tra i suoi tassisti e, parallelamente, un aumento “ritorsivo” delle tariffe dopo che il governo ha annunciato che sospenderà il rilascio di permessi di lavoro temporanei in questo settore.
«Il modello Bolt e quello delle agenzie interinali a lui connesse equivale alla schiavitù moderna», ha affermato il segretario de il-Kollettiv, Wayne Flask. «Ogni anno, migliaia di lavoratori vengono portati a Malta con la speranza di trovare un’occupazione e una vita dignitosa; ogni anno, migliaia di loro devono tornare nei loro Paesi di origine impoveriti, umiliati e indebitati insieme alle loro famiglie».
Flask ha poi continuato accusando Bolt di aver “inondato” il mercato di tassisti e veicoli che ora utilizza come scudo contro la regolamentazione del settore, sottolineando che «Questi lavoratori vengono portati a Malta con “l’inganno”, dopo aver pagato ingenti tariffe che arrivano a valere fino al 50% dei loro stipendi, e poi costretti a vivere in condizioni squallide».
Inoltre, «ogni volta che uno di loro viene rispedito nel Paese d’origine, al suo posto ne arriva un altro che deve pagare enormi tariffe e commissioni all’agenzia, indipendentemente dal fatto che abbia un’occupazione o meno», pertanto «mentre i lavoratori subiscono trattamenti disumani e i cittadini l’aumento della “attività economica” di Bolt, solo pochi individui traggono realmente beneficio da questo modello», ha concluso Flask.
Sul tema è intervenuto anche il tesoriere del collettivo, Matthew Borg, che ha sottolineato come il Primo Ministro e il ministro dell’Interno parlino di “lavoratori stranieri non necessari” ma, in realtà, «sono le loro stesse politiche economiche a essere responsabili del grande aumento della popolazione negli ultimi anni», aggiungendo che Abela e Camilleri farebbero bene invece a parlare di «politiche economiche non necessarie e inadeguate che stanno mettendo a dura prova i lavoratori a basso reddito (maltesi o stranieri, qualificati e non qualificati) e le risorse del Paese».
Nel comunicato, il gruppo ha criticato ferocemente quella che ha definito “l’attuale politica dei 10 giorni”, in base alla quale i cittadini di Paesi terzi rimasti senza lavoro vengono rispediti nei loro Paesi d’origine allo scadere del decimo giorno. «È impossibile anche per professionisti esperti trovare un nuovo lavoro entro 10 giorni, figuriamoci per migliaia di lavoratori stranieri importati qui senza alcuna formazione. Questa politica sta direttamente aiutando e favorendo il mercato degli schiavi, e i rapporti su un racket dell’immigrazione confermano ulteriormente come questi lavoratori vengano trattati come una merce per macinare denaro».
Gli attivisti si sono quindi rivolti al governo per chiedere una revisione rapida delle politiche attive per l’occupazione e l’immigrazione «smettendola di prendere decisioni avventate che hanno l’effetto creare uno shock nel sistema, a scapito dei lavoratori e dei residenti».
«Il mantra di mettere la crescita economica sopra i diritti umani e l’integrazione dei lavoratori nella società ha portato alla normalizzazione della schiavitù» prosegue il gruppo, suggerendo al governo di agire con maggiore fermezza offrendo supporto alle vittime del sistema e, al contempo, regolamentando i “nuovi mercati” avviati senza controllo negli ultimi anni come la pratica di subappaltare i lavoratori fonte di abusi diffusi.
Il-Kollettiv ha anche chiesto un’analisi della capacità dei vari settori economici per determinare quanti siano effettivamente i lavoratori necessari per ciascuno di essi. «Il numero di lavoratori necessari per il settore delle costruzioni, del turismo, della ristorazione e dell’assistenza sanitaria deve essere studiato e limitato. Questo studio dovrebbe anche mettere in luce di quali competenze il Paese ha bisogno, e il governo dovrebbe fornire indicazioni e strutture per la riqualificazione di questi lavoratori».