Gianluca Caruso, un 32enne siciliano residente a Malta da sette anni, è comparso in tribunale dopo essere stato arrestato giovedì pomeriggio sul posto di lavoro in esecuzione di un mandato d’arresto europeo (MAE).
Caruso, in aula insieme alla compagna incinta, risulta tra i nomi emersi dall’operazione “Tricolore” che nel 2019 aveva permesso alle autorità della trinacria di smantellare due centri di spaccio nel quartiere San Berillo Nuovo di Catania, portando all’arresto di 40 persone con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione di droga ai fini di spaccio, in aggiunta all’aggravante di agevolazione mafiosa nei confronti del clan Cappello-Bonaccorsi.
Secondo i media italiani, il 32enne siciliano si era costituito cinque anni fa all’aeroporto di Catania e, circa un anno dopo, è arrivata la condanna in contumacia della Corte d’Appello catanese a sette anni e due mesi di reclusione.
Da allora si erano perse le tracce di Caruso che avrebbe approfittato della libertà su cauzione per trovare rifugio a Malta, mentre le autorità italiane chiedono il rimpatrio del 32enne affinché sconti il residuo della pena, pari a 6 anni e 9 mesi.
«Dalla documentazione esibita dalla polizia non emerge alcuna sentenza esecutiva», le parole degli avvocati difensori che hanno contestato la legalità dell’arresto affermando come la polizia non abbia fornito alcuna copia del verdetto definitivo della Corte di Cassazione italiana, come da prassi disposta dalla giurisdizione europea.
Ad incastrare il siciliano ci ha pensato il sistema di informazione paneuropeo Schengen (SIS), fa sapere l’ispettore, che a seguito dell’emissione del MAE ha inviato la segnalazione alle autorità maltesi insieme ad un certificato rilasciato dal procuratore generale facendo partire il forcing delle autorità.
Astenendosi da ogni valutazione sulla legalità dell’arresto, il giudice ha disposto la custodia cautelare per Caruso in attesa del processo atteso nei prossimi giorni.