La giuria non ha avuto dubbi: Lawrence Abina è l’assassino lucido e spietato di Rita Ellul e, per questo, dovrà scontare il resto della sua vita dietro le sbarre.
Un verdetto schiacciante, deliberato nel giro di quattro ore dai giurati che hanno concordato in maniera unanime sull’efferratezza e l’atrocità del gesto compiuto dal 32enne ghanese, che nel febbraio 2022 strinse le sue mani attorno al collo della compagna mentre stava dormendo, impossibilitata quindi nel difendersi, ponendo per sempre fine alla sua vita.
Una storia turbolenta quella tra i due, che ha visto più volte la 49enne di Iklin raccontare e poi denunciare le violenze subite negli anni da parte di colui che è finito per trasformarsi nel suo aguzzino, in preda ad una cieca gelosia verso un uomo inesistente, un certo “Stefan”, che la donna aveva inventato per cercare di ottenere attenzioni da parte dell’uomo che amava, e che l’aveva già tradita numerose volte con delle prostitute.
Il verdetto della giuria è stato pronunciato a poco meno di una settimana di distanza dall’inizio del processo che ha portato alla luce il calvario che la donna ha dovuto affrontare in quattro anni di relazione, compreso quello della sua famiglia e dei suoi amici, che la vedevano sempre più distante, assente, in preda alla gelosia di Abina che non le consentiva nemmeno più di vedere le sue tre figlie.
Il 32enne ghanese è stato quindi giudicato colpevole di omicidio volontario, quindi di aver scelto e pianificato la morte della sua compagna avvenuta nella mattina del 26 febbraio 2022, quando l’individuo si svegliò per andare a lavoro e, nel pieno delle sue facoltà, strangolò a morte la sua compagna dopo averci fatto sesso. Una volta uccisa, si è vestito ed è corso a lavoro, tentando poi di depistare le autorità che lui stesso aveva contattato rientrando a casa, facendo credere che la donna fosse deceduta per cause naturali.
La ricostruzione dei fatti è stata fornita in aula durante le varie udienze che si sono susseguite nei giorni scorsi, durante le quali a deporre è stato anche un ispettore di polizia al quale lo stesso Abina confessò – tra un interrogatorio ed un altro – di aver ucciso la compagna, e di non essersi potuto fermare perché se lei fosse sopravvissuta lo avrebbe denunciato, spedendolo in carcere. Malgrado ciò, l’individuo si è sempre dichiarato non colpevole.
«Abina ha perso ogni diritto a fare parte della società quando ha commesso l’omicidio, e non ha mostrato né pietà né rimorso per le sue azioni» ha affermato la corte, sottolineando ancora una volta che Ellul è stata uccisa nel sonno, senza potersi difendere, e dopo aver subito anni di violenze e vessazioni perpetrate dall’uomo che diceva di amarla.
Il legale della famiglia della vittima ha chiesto alla Corte di esprimere una sentenza che tenga in considerazione il verdetto unanime raggiunto dalla giuria, l’enorme perdita subita dalla famiglia della donna, e la mancanza di attenuanti che possano in qualche modo giustificare una non premeditazione del gesto del 32enne.
La difesa ha invece chiesto che vengano considerate le varie circostanze del caso affinchè l’individuo possa ottenere una pena inferiore a quella dell’ergastolo.
Nell’esprimere la sentenza, il giudice ha evidenziato che Abina ha commesso il delitto “a sangue freddo”, in maniera del tutto lucida e premeditata, spinto da una cieca gelosia nei confronti della compagna che aveva tradito ripetutamente, tentando poi di fingere che la donna fosse morta per cause naturali.
Alla luce di quanto emerso e dal verdetto unanime espresso dalla giuria, il tribunale ha condannato Abina a scontare il resto della propria esistenza in prigione. L’assassino di Rita Ellul dovrà inoltre farsi carico dei costi delle spese processuali, pari a 16mila euro, da corrispondere entro i prossimi due anni.