Displacement Malta è una performance realizzata per l’apertura della Biennale d’Arte di Malta diretta dal visual artist e coreografo Andrea Conte (Andreco) e dallo Studio Andreco con il supporto di Friends of the Earth Malta e della Biennale, a cura di Sofia Baldi Pighi con Emma Mattei ed Elisa Carollo.
La performance è incentrata sulle conseguenze dei cambiamenti climatici legati all’acqua e, nello specifico, esplora processi come la desertificazione, le inondazioni, l’innalzamento del livello del mare e lo “spostamento” di intere popolazioni causato da questi processi. L’opera vuole ricordare le milioni di persone attualmente costrette a migrare e a lasciare territori divenuti ostili e invivibili a causa dei cambiamenti climatici, delle guerre e delle problematiche sociali.
Gli artisti imbracciano bandiere e un lungo drappo blu e, attraverso i loro movimenti simbolici e rituali, simulano eventi meteorologici estremi come siccità, desertificazione, inondazioni e innalzamento del livello del mare. Le bandiere rappresentano parte della costa maltese, il mare, la scogliera e i paesaggi, e in realtà sono delle “anti-bandiere” che celebrano la bellezza della geografia sovversiva contro tutti i confini, fungendo come frammenti di una mappa geografica che ricorda la vulnerabilità dei territori e i percorsi dei migranti attraverso il mare.
La performance – spiegano gli organizzatori – è un atto di solidarietà e di alleanza con i migranti; nel suo complesso indica un futuro di buon auspicio caratterizzato dall’accettazione delle migrazioni, dall’adattamento ai cambiamenti climatici, dalla mitigazione degli impatti, dalla riqualificazione di fiumi, parchi e zone umide, un futuro per una società sostenibile, multiculturale e in armonia con l’ecosistema di cui fa parte. Gli interpreti sono per lo più attivisti e operatori nel campo delle migrazioni climatiche o persone che si immedesimano nei migranti climatici.
Suzanne Maas, coordinatrice della campagna sul clima di Friends of the Earth Malta, sottolinea che «ogni anno i cambiamenti climatici costringono 20 milioni di persone a lasciare le proprie case o i propri Paesi. Le persone devono spostarsi a causa di siccità, inondazioni, tempeste o innalzamento del livello del mare. Tuttavia, il diritto internazionale non riconosce i “rifugiati climatici”, quindi le persone che si trovano in questa situazione non sono considerate legalmente rifugiati. Con la nostra campagna sul clima, chiediamo un cambiamento sistemico e la giustizia climatica. Abbiamo bisogno di un’azione rapida per ridurre le emissioni di carbonio e smettere di bruciare combustibili fossili, per passare a un’economia del benessere socialmente ed ecologicamente giusta e per proteggere gli sfollati attraverso una politica migratoria che riconosca la crisi climatica come base per lo status di rifugiato».