È proseguita oggi la fase di raccolta prove del processo a carico dei due cittadini marocchini Zouhair Hadoumi, 26 anni, e Mohamed Anas Boualam, 37 anni, che insieme a Donna Sciberras, 29 anni, sono stati arrestati con l’accusa di aver rapinato una gioielleria di Zurrieq lo scorso 25 agosto, durante la quale il titolare del negozio è stato ridotto in fin di vita, trasportato d’urgenza in ospedale in gravissime condizioni, dove si trova ricoverato ancora oggi.
A testimoniare è stata la volta di un ispettore di polizia che ha fornito un resoconto dettagliato delle indagini, ancora in corso, e delle dinamiche che hanno portato all’arresto della banda, avvenuto in una casa abbandonata a Sliema un paio di giorni dopo la rapina, dopo che sono stati identificati grazie ai filmati delle telecamere a circuito chiuso.
I tre si sono dichiarati non colpevoli delle accuse di tentato omicidio, lesioni personali gravi procurate da uno strumento affilato e appuntito, sequestro di persona, furto aggravato e danni volontari per un valore di oltre 2.500 euro, detenzione d’arma bianca in pubblico ed utilizzo durante il crimine, nonché disobbedienza a pubblico ufficiale. Per la Sciberras, volto noto alle forze dell’ordine, a questi capi di imputazione si sono aggiunti anche quelli della violazione della libertà su cauzione ottenuta da precedenti reati, e recidiva.
Secondo la testimonianza fornita dall’ispettore e riportata dai media locali, il gioielliere 67enne è stato ritrovato con ferite alla testa e le mani legate dietro la schiena, in una pozza di sangue, ridotto talmente male da non riuscire neanche a comunicare, emettendo solo dei flebili lamenti. L’allarme sembra essere partito dal figlio, che si era insospettito recandosi in negozio dopo che la vittima aveva mancato l’appuntamento con la moglie.
Trovando la serranda abbassata, aveva sbirciato attraverso un infisso, riuscendo ad intravedere la sagoma del padre in una sorta di laboratorio sul retro della gioielleria, immobilizzata da delle corde.
Nella stessa stanza erano presenti anche due grandi casseforti saccheggiate. Dalle vetrine mancavano tutti i gioielli, con segni ad indicare che la colluttazione tra la vittima e i ladri si fosse concentrata principalmente nella zona del bancone, quella dedicata alla vendita.
Ad assistere alla scena ci sarebbero stati più testimoni oculari, che hanno dichiarato di aver visto due uomini ed una donna entrare nella gioielleria abbassando subito la saracinesca.
Il percorso effettuato dai rapinatori è stato ricostruito grazie alle riprese delle telecamere di videosorveglianza della zona, dalle quali si è evinto che i tre hanno preso un taxi per raggiungere Zurrieq, con la corsa che sarebbe stata prenotata da un numero intestato a un certo “Anas”, per poi fuggire una volta compiuto il crimine sempre a bordo di un altro taxi diretto da dove erano partiti, a Zebbug, questa volta senza bisogno di prenotazioni, il cui conducente, ora sotto indagine, pare conoscesse “Anas”.
Sempre grazie ai filmati acquisiti, gli investigatori sono risaliti all’identità dei tre indagati, per i quali sono stati emessi mandati di arresto. Gli inquirenti hanno poi eseguito una perquisizione presso un’abitazione di Zebbug dove, in una stanza al primo piano, risiederebbe Mohamed Anas Boualam insieme ad una certa “Donna”. In una delle camere è stata rinvenuta una giacca che si pensa sia stata indossata dalla Sciberras durante la rapina, un orecchino di diamanti, una perla e un cartellino prezzi solitamente usato nelle gioiellerie.
Rinvenuta anche una borsa contenente 620 pillole di presunta ecstasy all’interno di uno degli armadi presenti nell’abitazione.
Gli inquirenti si sono poi diretti verso un appartamento situato in Triq Manuel Dimech a Sliema, collegato ad un altro sospettato, Zouhair Hadoumi. Ed è proprio lì che gli agenti ci hanno trovato e arrestato i tre, con la Sciberras sorpresa mentre tentava la fuga sul tetto dell’edificio e gli altri due nella proprietà di un’altra residenza lì vicino.
Una perquisizione nell’appartamento ha portato al ritrovamento di una borsa nera contenente 1.785 euro in contanti, insieme a un’altra borsa con altri 440 euro, una croce d’oro e un cartellino prezzi simile a quello trovato nella residenza di Zebbug.
In uno zaino che giaceva su un letto, la polizia ci ha trovato due orologi da polso, uno dei quali è stato riconosciuto dal legittimo proprietario che lo aveva lasciato poco prima in riparazione presso la gioielleria. Entrambi erano stati collocati dalla vittima all’interno di una borsa nera che solitamente lui stesso utilizzava per riporvi anche i propri documenti, il portafoglio e altri oggetti personali.
La medesima borsa è stata avvistata e recuperata in mare da una persona che si stava dirigendo in barca presso il porto di Ta’ Xbiex, e che si è poi diretta alla stazione di polizia per consegnarla.
Sempre in una delle abitazioni collegate ai sospettati, gli inquirenti hanno trovato un’altra borsa contenente altri preziosi e oggetti d’oro, oltre a delle piccole scatole marchiate con il logo della gioielleria di Zurrieq saccheggiata dai ladri.
Mohamed Anas Boualam ha dichiarato agli ispettori di aver partecipato alla rapina ma ha negato il pestaggio a danno del gioielliere, mentre Zouhair Hadoumi ha riferito di aver incontrato Boualam e Donna Sciberras due giorni prima del crimine in un bar di Sliema, luogo in cui gli avevano accennato del colpo a Zurrieq. I due l’avrebbero poi ricontattato il giorno della rapina, invitandolo a raggiungere l’abitazione di Zebbug dalla quale hanno poi preso un taxi in direzione di Zurrieq.
Sempre Hadoumi ha riferito che il suo compito sarebbe stato quello di distruggere e saccheggiare le vetrine e aiutare i due a legare la vittima, addossando la colpa dell’aggressione ai complici, con Boualam che avrebbe afferrato il gioielliere per il collo per poi costringerlo a terra e picchiarlo e Sciberras a sua volta lo avrebbe colpito con il manico di un coltello che aveva con sé.
Poi è stato il turno di Sciberras, che ha addossato le responsabilità del cruento pestaggio a Hadoumi e ha riferito che un ex compagno di cella le aveva spifferato che non erano presenti telecamere di sicurezza nella gioielleria. Dalle testimonianze dei tre è emerso che il bottino del furto sarebbe stato venduto nelle ore successive al crimine.
Poco dopo la rapina pare che la Sciberras si sia tatuata la scritta “Anas” su un braccio; il nome corrisponde ad uno dei suoi complici con il quale aveva una relazione.
L’ispettore di polizia ha fatto sapere che dopo aver saputo della rapina alla gioielleria, una detenuta si era fatta avanti, dichiarando di aver parlato con Sciberras mentre le due si trovavano in carcere. Ha negato di averle fornito informazioni sulla sicurezza del negozio e ha inoltre detto di aver rifiutato l’offerta dell’accusata di partecipare al crimine.
Al termine dell’udienza, il tribunale ha dichiarato che ci sono prove sufficienti per proseguire con l’incriminazione dei tre imputati. Il caso tornerà in aula a metà ottobre.