A Malta svolgere attività di informazione e giornalismo è sempre più difficile. A rivelarlo è il World Press Freedom Index 2023, l’indice della libertà di stampa mondiale riferito all’anno precedente, compilato e pubblicato da “Reporters Without Borders”, basato sulla valutazione dell’Organizzazione delle testimonianze.
Nel 2022 l’arcipelago è infatti scivolato all’84esimo posto su una classifica composta da 180 Paesi, il più basso dal 2020, quando i parametri di ricerca erano stati modificati e Malta occupava l’81esimo posto, mentre l’Italia si attesta 41esima. Nell’Unione Europea, peggio ha fatto solo la Grecia, fanalino di coda e al 107esimo posto nel mondo.
E c’è davvero poco di cui essere felici: in classifica Malta è superata da realtà molto meno sviluppate come il Malawi, tra i Paesi più poveri al mondo. Meglio hanno fatto anche Congo, Ecuador e Cile. A pesare maggiormente in negativo è ancora il caso Daphne Caruana Galizia, uccisa con un’autobomba nel 2017. L’inchiesta pubblica che ne conseguì aveva portato nel 2021 a una serie di raccomandazioni per garantire la sicurezza dei giornalisti e la libertà di stampa sul territorio anche tramite alcune riforme, ma a oggi ancora poco o nulla è stato realmente fatto.
Non solo: l’informazione a Malta risulta ancora sotto la forte influenza del mondo politico. Secondo il documento, il partito di governo utilizzerebbe le emittenti pubbliche per mettere pressione ai media privati e indipendenti, scegliendo inoltre i giornalisti ai quali affidare interviste in esclusiva ed offrire accessi alle conferenze stampa ed eventi, e al contrario emarginando i cronisti e gli organi di informazione ritenuti “ostili”.
E ancora, l’informazione indipendente sarebbe penalizzata dalla distribuzione dei fondi pubblici al settore, considerata in molti casi poco trasparente e addirittura discriminatoria.
Inoltre, su quasi tutte le tematiche di interesse pubblico, la società maltese sembra soffrire di una profonda polarizzazione. «La cronaca su determinati argomenti come la migrazione o l’aborto rimane marginalmente trattata e incita alla discriminazione nei confronti dei giornalisti che trattano questi argomenti». Pochissimi i giornalisti di inchiesta, quasi tutti esclusivamente di sesso maschile.
Sempre secondo il World Press Freedom Index, se da una parte la libertà di stampa è garantita dalla costituzione maltese, dall’altro le leggi attualmente in vigore non consentono ai giornalisti di far valere i propri diritti, e sarebbero spesso vittime dello Strategic Lawsuit Against Public Participation (SLAPP). L’esempio più eclatante sono proprio i familiari di Daphne Caruana Galizia, che dalla morte della giornalista sono stati coinvolti in alcune cause per diffamazione.
E proprio oggi, in occasione della Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, l’Institute of Maltese Journalists (IGM) ha invitato il governo dell’arcipelago a un cambio di rotta nel mondo dell’informazione: «L’IGM prende atto delle recenti dichiarazioni del primo ministro Robert Abela – si legge in una nota purtroppo per qualche ragione non diffusa pubblicamente online, ma riportata da Times of Malta – secondo cui i media sono il quarto pilastro della democrazia, come riconosciuto nel manifesto elettorale del partito laburista. Alla luce di tali dichiarazioni, è sconcertante come il governo continui a respingere una raccomandazione del suo proprio comitato di esperti per rafforzare i media nelle parti esecutive della costituzione del Paese».