Un bordello a cielo aperto. Così il magistrato di turno ha descritto la stazione di polizia di Msida, nell’ambito del processo che ha visto imputato un ex agente, accusato di aver molestato e violentato due colleghe tra il 2017 e il 2018.
La sentenza è stata però parzialmente favorevole al 33enne, scagionato dall’accusa più pesante, lo stupro, e dichiarato colpevole “solo” di molestie ai danni una seconda poliziotta, all’epoca dei fatti 19enne. L’uomo è stato condannato ad un anno di reclusione, con sospensione di due anni.
Stando a quanto riportato dai media locali, il magistrato avrebbe giustificato il verdetto spiegando che le relazioni tra agenti emerse durante il processo non sarebbero attribuibili a reati penali, facendo così cadere le accuse della presunta vittima di stupro.
Secondo il tribunale, oltre all’assenza di testimoni oculari, sarebbero state infatti troppe le incongruenze sulla versione dei fatti della donna, portando il magistrato a dichiarare che gli atti sessuali tra i due sarebbero stati consensuali.
Tutto questo nonostante l’imputato, sposato e in attesa di un figlio, avesse ammesso la violenza sessuale. La confessione sarebbe però stata invalidata dal tribunale a causa di procedure non corrette. Il processo si è svolto senza giuria, e con obbligo di occultamento dei nomi delle persone coinvolte.