Malta negli anni è diventata la casa di tantissimi italiani partiti dal Belpaese per cercare una nuova vita e, molti di questi, si trovano poi in seguito a decidere di mettere radici arrivando a richiedere la cittadinanza. Per tanti non solo un semplice documento, bensì una sorta di “riconoscimento ufficiale” per sentirsi a tutti gli effetti parte della società in cui si vive.
Ed è proprio questo il contesto che serve a comprendere al meglio l’esperienza che ci ha raccontato un nostro caro lettore, Vincenzo Anastasi, originario di Reggio Calabria e residente con la moglie a Malta da circa 12 anni, entrambi impiegati nel settore farmaceutico.
Spinti dall’amore per la loro “terra d’adozione”, i coniugi diverso tempo fa avevano presentato richiesta per diventare cittadini maltesi arrivando a sborsare oltre 470 euro a persona, come richiesto dalla procedura.
Nell’ottobre 2021 arriva inaspettatamente il rigetto della domanda da parte del Ministero, senza però fornire alla coppia italiana alcuna motivazione che permettesse di comprendere le ragioni dietro questa scelta.
Una situazione che li ha spinti a chiedere più volte spiegazioni per quella che è sembrata a tutti gli effetti una decisione priva di alcun fondamento logico, divenuta ancora più “pesante” a seguito del felice arrivo di una splendida bimba di 4 anni e mezzo di origine indiana, che chiameremo Sarah (nome fittizio, n.d.r.), divenuta parte della famiglia di Vincenzo lo scorso dicembre grazie anche al supporto di alcune agenzie specializzate e dei servizi sociali maltesi che hanno assistito la coppia durante tutto l’iter burocratico ed il processo di registrazione dell’adozione in Italia.
Eppure «siete i primi a fornirmi i documenti corretti e perfetti», avrebbe commentato una dipendente ministeriale una volta ricevute le carte per la richiesta di cittadinanza, accuratamente raccolte dalla coppia ed integrate con una lettera motivazionale e con un modulo referenziale contenente le firme di tre maltesi attestanti la genuinità della richiesta di Vincenzo e della moglie.
Attoniti, scoraggiati ma anche desiderosi di comprendere le motivazioni che hanno portato a rifiutare la richiesta nonostante i documenti in regola, i due italiani si sono trovati di fronte ad un impenetrabile muro eretto dal Ministero incaricato, il quale, ancora adesso, si rifiuterebbe di fornire alcuna spiegazione in merito, ribadendo come sia «diritto del ministro rigettare la domanda».
La coppia poi ci racconta come questa inspiegata chiusura da parte delle istituzioni renda inutile qualsiasi tentativo di rivolgersi ad un legale, in un contesto dove appare comunque non “impugnabile” la scelta presa dal Ministero che, in questa maniera, oltre a negare ogni privilegio intrinseco alla cittadinanza, non permette alla famiglia di Vincenzo di identificarsi come parte integrante di quella che definiscono a più riprese come la loro casa. Inoltre, questo impedisce alla coppia anche di accedere al Social Welfare e richiedere i 10.000 euro che spettano di diritto ad ogni cittadino maltese che abbia dovuto affrontare le spese, piuttosto onerose, di un’adozione.
Vincenzo e la moglie si trovano pertanto “sospesi” in un limbo che, oltre ad essergli costato molto caro, non permette loro neanche di ritentare la strada della richiesta correggendo qualsiasi eventuale difetto o errore contestato dallo Stato. Così i due connazionali, nonostante siano a tutti gli effetti da anni parte integrante della società maltese ed abbiano le carte in regola per diventarne ufficialmente cittadini, si sono ritrovati esuli dei diritti garantiti anche a chi qui adotta un bambino, risollevando diverse preoccupazioni proprio per il futuro della piccola Sarah, privata delle opportunità anche economiche che il “refound” le avrebbe garantito.
Non è difficile capire cosa possa provare in tutto questo la famiglia di Vincenzo, attorniata dalla preoccupazione per i propri diritti e la sensazione che la loro “nuova casa” abbia loro voltato le spalle, nonostante i 12 anni di lavoro (e di pagamento d’imposte) alla stessa stregua di chi, a Malta, ci nasce.
Nonostante al di fuori del Ministero nessuno sia consapevole delle reali motivazioni che hanno portato a questa scelta, un pensiero ci porta in direzione dello schema dei cosiddetti “passaporti d’oro”, lontanamente accennato da Vincenzo: «Forse se avessimo avuto 500.000 euro a testa, a quest’ora saremmo cittadini a tutti gli effetti!».
Mentre si attende ancora la risposta delle istituzioni sulle motivazioni che hanno portato a rigettare la richiesta, i due genitori pensano anche al futuro della piccola Sarah che, seppur crescerà sull’arcipelago insieme ai suoi coetanei, non potrà allo stato attuale delle cose aver diritto alla cittadinanza maltese ed usufruire della somma che le spetterebbe di diritto.
In un Paese multiculturale, che spesso è stato accusato di mercificare la cittadinanza a favore di ricchi imprenditori che con l’arcipelago hanno poco a che fare, è difficile pensare che la vicenda accaduta alla famiglia di Vincenzo non possa in qualche modo essere ripresa in considerazione dalla autorità perché, in questo intricato discorso, è proprio dalla famiglia che Malta dovrebbe ripartire.
Il Corriere di Malta è felice di dar voce a tutti coloro che volessero condividere le proprie esperienze e segnalazioni contattando la redazione all’indirizzo email [email protected] o in alternativa attraverso messenger
Da qualche tempo assistiamo all’emergere di piagniucolosi “casi umanitari” i cui protagonisti sono cittadini stranieri che – giunti a vario titolo in Malta – reclamano a gran voce presunti “diritti” non previsti in questo stato.
Subito i media danno loro eco e montano dal nulla vere e proprie campagne propagandistiche finalizzate alla modifica della legislazione maltese. Tutto ciò sembra attuato da una macchina organizzativa ben oliata che ha nel solito manipolo di politici prezzolati a disposti a tutto, il suo terminale operativo.
Il gioco è fin troppo scoperto e su di esso sarebbe necessario un serio approfondimento.
Nel frattempo esprimo una semplice considerazione di buon senso. Vincenzo Anastasi e signora farebbero meglio a ringraziare il Governo e l’Amministrazione Maltese per avere loro permesso di risiedere a Malta consentedogli opportunità di lavoro che evidentemente non trovavano a casa loro. Del resto, se la situazione qui non è conforme alle loro aspettative, hanno sempre la possibilità di tornarsene donde sono venuti, nella bella Reggio Calabria.
Grazie.
Discorso di un piccolo razzista.
Ah, giusto… nel descrivere la pantomima “globalista” ho dimenticato il coretto dei volenterosi attivisti che immancabilmente fanno il controcanto. Non argomentano, ingiuriano. Dall’intramontabile “fascista” all’intemerato “razzista” (pronunciato con espressione di disgusto) per giungere al più recente e colorato “omofobo”, Ma questo repertorio sta diventando sempre più noioso. Ragazzi impegnatevi di più, se non sapete che sardine pigliare chiedete ad Elly od a Mattia…