«Le accuse che coinvolgono il Parlamento Europeo sono un colpo alla democrazia e a tutto ciò su cui abbiamo lavorato per molti anni»: è con queste parole che Roberta Metsola è tornata sullo scandalo “Qatargate” in occasione del Consiglio Europeo organizzato a Bruxelles.
Sulla situazione che vede coinvolti alcuni europarlamentari, sospettati di aver ricevuto mazzette dal Qatar con l’obiettivo di interferire negli affari europei e rilanciare l’immagine dell’emirato all’interno delle istituzioni, la presidente del PE si è espressa con durezza, promettendo una serie di riforme ad inizio 2023 che «seguirà in prima persona», per far fronte alle falle nel sistema emerse nei giorni scorsi.
«Ci vogliono anni per costruire la fiducia, ma solo un momento per abbatterla. Non ci sarà impunità, non ci sarà nulla da nascondere sotto il tappeto, non ci sarà da fare come al solito – ha proseguito Metsola, aggiungendo – Farò tutto il possibile per ripristinare la posizione di “Casa della democrazia”, di legislatore, di istituzione che prende decisioni, pulita, trasparente e che non è in vendita ad attori stranieri».
Una presa di posizione concreta e decisa, che ha ricevuto l’apprezzamento ed il pieno consenso da parte dei 27 leader europei in un momento estremamente delicato per la politica Ue.
Intervenendo in merito ai Mondiali di calcio in Qatar, sempre Metsola ha tenuto a precisare la sua posizione affermando: «Sono stata invitata ad andare ai Mondiali, ma ho rifiutato perché ho delle preoccupazioni su quel Paese», aggiungendo: «ho avuto due incontri con i rappresentanti del governo del Qatar a Bruxelles dove ho ricevuto gli inviti che ho rifiutato».
Parlamento Europeo approva risoluzione sullo scandalo corruzione
Contestualmente, in risposta al “Qatargate”, è notizia delle scorse ore che il Parlamento Europeo ha approvato un provvedimento che si impegna ad adottare norme più stringenti sulla trasparenza e responsabilità. La risoluzione, passata con 541 voti a favore, due contrari e tre astenuti, prevede tra le varie cose «l’estensione del “Registro per la trasparenza UE” ai rappresentanti dei Paesi terzi ed ex deputati, un rafforzamento del processo di verifica della correttezza delle informazioni, l’introduzione di una commissione d’inchiesta per indagare sui casi di corruzione e sulle azioni improprie da parte di Paesi terzi, e una commissione speciale per individuare potenziali carenze nelle norme del Parlamento europeo in materia di trasparenza, integrità e corruzione».
A questo, come misura immediata, i deputati hanno deciso di «sospendere, fino a quando la situazione non sarà più chiara, tutti i lavori sui fascicoli legislativi relativi al Qatar, in particolare per quanto riguarda la liberalizzazione dei visti, l’accordo UE sul trasporto aereo con il Qatar e le missioni nel paese, fino a quando le indagini giudiziarie non faranno chiarezza».
Una rete di interessi che si estenderebbe fino in Marocco
In merito alle indagini in corso, sono emersi nuovi particolari sul giro di tangenti tra alcuni membri del Parlamento Europeo ed il Qatar. Stando a quanto riportato dall’Ansa, Francesco Giorgi, consigliere parlamentare e compagno dell’ex vicepresidente del PE Eva Kaili, arrestata nei giorni scorsi e destituita da ogni ruolo politico, ha infatti svelato agli inquirenti in Belgio il proprio ruolo nella vicenda.
Giorgi avrebbe fatto parte di un’organizzazione che vede coinvolto non solo il Qatar, ma anche il Marocco, con l’obiettivo di interferire con gli affari europei e trarne vantaggi politici ed economici. Il suo ruolo sarebbe stato quello di gestire il denaro contante utilizzato per gli illeciti.
Non solo: sempre secondo quanto riportato dai media italiani, Giorgi avrebbe inoltre fatto i nomi di altre persone potenzialmente implicate nel “Qatargate”, quelli degli europarlamentari Marc Tarabella e Andrea Cozzolino, appartenenti al gruppo S&D. I due avrebbero preso tangenti tramite Antonio Panzeri, ex eurodeputato del PD coinvolto in prima linea nello scandalo.
Il Marocco avrebbe partecipato alle attività di corruzione tramite i propri servizi segreti (Dged), con i quale Giorgi e altri indagati sarebbero stati in contatto, assieme ad Abderahim Atmoun, ambasciatore del Marocco in Polonia.
Primo ministro su Metsola: «Ha agito troppo in fretta», PN replica: «Abela non vuole combattere la corruzione»
Tornando alle dichiarazioni di Roberta Metsola, è intervenuto giovedì il primo ministro maltese Robert Abela, che da Bruxelles per l’ultima riunione del Consiglio europeo di quest’anno ha invece espresso scetticismo nei confronti delle dichiarazioni di Metsola. Ecco le sue parole riportate da Times of Malta: «Bisogna vedere se un’istituzione che è un prodotto di determinati sistemi, sia adatta o meno a riformare i sistemi stessi. Metsola ha descritto la situazione come un “Attacco al Parlamento europeo” ma è da vedere se è stato davvero così, oppure il risultato di pratiche poco trasparenti che vanno avanti da diversi anni, e di cui hanno goduto tutti i deputati». Secondo Abela, infatti, Roberta Metsola avrebbe «agito troppo in fretta», mentre avrebbe dovuto invece «lasciare che le istituzioni facessero il loro lavoro».
Durissima la replica alle parole di Abela da parte del Partito Nazionalista, che attraverso il sito web Net news dichiara: «Invece di scegliere di combattere la corruzione, Robert Abela ha criticato i passi compiuti nell’Unione Europea, nota per contrastare la corruzione, non incoraggiarla come fa Robert Abela».
In risposta, i laburisti hanno poi dichiarato che il primo ministro ha attuato riforme senza precedenti per rafforzare la lotta alla corruzione, puntando il dito sulla controparte accusandola di «essere ancora meno credibile di prima».