Lo scoppio della guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni nei confronti della Russia da parte della Comunità Europea, hanno comportato stravolgimenti in merito all’approvvigionamento di gas e petrolio.
A fronte di Paesi europei come l’Italia che hanno visto il costo di gasolio e gas lievitare, e conseguentemente anche il prezzo dell’energia elettrica, ve ne sono altri che stanno facendo affari d’oro.
Infatti, quando un compratore non vuole più acquisire, oppure semplicemente trasportare un bene da un dato Paese, ve ne è subito un altro che prende il suo posto. Questo è il caso di moltissime navi cisterna con bandiera cipriota e maltese, che non possono più operare a causa delle sanzioni sul trasporto di petrolio russo.
Le compagnie proprietarie di queste navi hanno pensato bene di bypassare il problema, con un escamotage molto semplice: cancellare le imbarcazioni dal registro navale di un Paese della Comunità Europea, e iscriverle in uno extra UE. I Paesi che stanno beneficiando delle sanzioni europee, facendo affari d’oro con la registrazione di queste navi sarebbero Cina, Turchia e India.
Secondo alcune fonti autorevoli, dagli inizi di ottobre, sembrerebbe che nel registro cipriota il 21% delle navi siano state cancellate. Non sarebbe migliore nemmeno la situazione a Malta: nello stesso breve periodo, infatti, ben 67 navi di grande stazza non battono più bandiera maltese. La Grecia invece ha visto cancellare dal suo registro solo 10 petroliere.
Sempre a detta di fonti in ambito marittimo, questa uscita dai registri navali europei sta facendo aumentare la cosiddetta “dark fleet” globale. Si tratta di tutte quelle navi che cancellandosi dai registri navali europei, possono continuare a trasportare merci e petrolio russo, applicando però tariffe molto elevate a causa dei rischi di trasporto in tempo di guerra.
Il Paese che al momento starebbe registrando il maggior numero di navi “fuggite” dai registri navali europei sarebbe la Turchia. Infatti, se da un lato le importazioni di petrolio russo nell’UE stanno calando drasticamente, dall’altro si sta creando una via turca alternativa sempre con destinazione UE.
A conti fatti l’Unione Europea potrebbe ritrovarsi a pagare e utilizzare lo stesso petrolio russo, ma ad un prezzo molto più alto.