È stato raggiunto il verdetto di colpevolezza dell’Alta Corte di Edimburgo per l’autista del mezzo che, nella notte tra il 26 ed il 27 luglio 2018 a Moray, in Scozia, provocò l’incidente che costò la vita a cinque persone, tra cui quella di un bambino italiano di quattro anni e di una donna di origini maltesi da tempo trasferitasi nel siracusano per lavorare come insegnante d’inglese.
Alla guida del minivan Fiat Talento c’era Alfredo Ciociola, che perse improvvisamente il controllo del mezzo finendo sul lato opposto della carreggiata dove si schiantò frontalmente contro un SUV Nissan X-Trail, al cui interno vi erano quattro scozzesi di rientro da una serata di musica e, dei quali, solo l’autista Morag Smith si salvò.
Un’immensa tragedia che sconvolse la vita delle famiglie delle vittime, tra le quali, quella di Mata Patanè, figlia della donna maltese che perse la vita quella maledetta sera e che, ai microfoni del Times of Malta, ha spiegato come, nonostante si sia ora arrivati ad un verdetto, questo purtroppo non servirà a riportare indietro la madre, Frances Saliba Patané, ma che almeno – si augura – possa rappresentare “la chiusura di un triste capitolo”.
Infatti, a distanza di quattro anni dalla tragedia, nella giornata di lunedì 14 novembre, Alfredo Ciociola, 50enne ufficiale della Guardia Costiera italiana, è stato condannato per guida imprudente nelle dinamiche dell’incidente che hanno portato alla morte di cinque persone, tra cui quella di suo figlio Lorenzo di soli 4 anni, oltre ad averne ferite gravemente altre quattro. In questo momento l’uomo si trova in custodia cautelare aspettando il verdetto definitivo atteso dal tribunale di Glasgow per il prossimo 13 dicembre.
Nel minivan di Ciociola erano presenti anche la moglie, Concetta Passanisi, finita in coma farmacologico a causa delle gravi lesioni riportate nello schianto, i due figli della coppia, di 3 e 4 anni, il primo uscito illeso dalle lamiere, a differenza di quello più grande che perse la vita insieme all’insegnante maltese accompagnata dal marito, Francesco Patané, entrambi amici della famiglia Ciociola.
Proprio il coniuge oggi 74enne di Frances, l’unico tra i cinque sopravvissuti rimasto cosciente durante l’incidente di cui conserva ancora il ricordo, si è trovato costretto nelle ultime due settimane a rivivere le “prove scioccanti” raccolte dai primi soccorritori e dai passanti presenti nel 2018 sulla scena della collisione. Così ha parlato la figlia Mata al Times of Malta: «Mio padre è dovuto tornare a Edimburgo e riaprire le ferite di quattro anni fa ricostruendo l’accaduto e rispondendo a molte delle domande degli inquirenti. Sono qui per dargli conforto».
Sempre la figlia di Frances, che ora si occupa di prendersi cura del padre rimasto solo, ha così voluto testimoniare la mancanza di rancore verso l’amico di famiglia, al volante quella sera, e attualmente sotto accusa per guida imprudente e per essersi addormentato al volante: «Non era sua intenzione uccidere nessuno, è stato un errore umano dettato dalla confusione. Non era abituato alle strade con la guida a sinistra, non stiamo parlando di un assassino. Un’auto può essere un’arma nelle mani di chiunque». Una riflessione che ha poi concluso affermando: «Ora bisogna andare avanti. Mi concentrerò sul dare conforto a mio padre dopo che ha lasciato il suo paese, la sua casa, i suoi amici. Non parla né maltese né inglese e io sono il suo unico punto di riferimento».
Ciociola è in carcere da quando è stato estradato dalla Sicilia, dove risiede con la famiglia, dopo aver mancato la precedente udienza in tribunale a causa della positività della moglie al Covid-19, che nel frattempo è riuscita a sopravvivere alle lesioni causate dall’incidente.
Nelle dichiarazioni rilasciate dall’ispettore delle forze dell’ordine a capo del caso, riportate nel comunicato stampa della polizia scozzese, si legge: «Si è trattato di un incidente incredibilmente angosciante che ha avuto un impatto così forte e su così tante vite da non poter essere sottovalutato, nonostante siano passati quattro anni».
L’ispettore ha poi affermato che questa triste vicenda rappresenta un chiaro esempio delle conseguenze generate da chi si mette alla guida senza essere nelle condizioni di farlo in sicurezza: «In questo caso Alfredo Ciociola ha continuato a guidare, nonostante fosse stanco e alla fine si è addormentato al volante, portando a questa tragedia».
In attesa della condanna rimane comunque la consapevolezza di come un verdetto giuridico non possa né cancellare l’accaduto né, tantomeno, portare indietro le vittime dell’incidente.