Andrea Prudente fa causa al ministro della Salute maltese. La 38enne americana si trovava in vacanza sull’arcipelago a giugno, quando la sua gravidanza subì gravi complicazioni. Nonostante alla donna si fosse distaccata la placenta e avesse perso il liquido amniotico, i medici dell’ospedale Mater Dei si erano rifiutati di applicare l’interruzione di gravidanza.
Motivo? Aspetti puramente e meramente legali. Secondo le rigide leggi maltesi sull’aborto, se nel feto viene rilevato battito cardiaco la gravidanza deve proseguire. Poco importa se finirà male. Poco importa se la madre rischia di morire. E se un medico decidesse di praticare un aborto d’urgenza, subirebbe pesanti conseguenze legali e lavorative.
La compagnia assicurativa di Prudente aveva poi indicato la Spagna come luogo in cui recarsi per risolvere il problema in tempi brevi. Questo, a causa del serio rischio di emorragie e setticemia ai quali la donna sarebbe andata incontro senza il supporto medico adeguato.
Ora, la coppia ha deciso di denunciare il governo maltese per violazione della Costituzione e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, con l’istanza depositata giovedì scorso.
Non solo: secondo i legali della coppia, l’aver negato l’accesso a cure mediche costituirebbe una violazione dei diritti fondamentali delle donne, protetti dalla Carta Europea dei Diritti Umani, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dal Patto sui Diritti Civili e Politici, dalla Convenzione per l’Eliminazione della Discriminazione nei confronti delle Donne, dal Programma ICPD di azione, Piattaforma d’azione di Pechino e dalla stessa Costituzione di Malta.
Gli avvocati affermano inoltre che il trattamento ricevuto da Andrea Prudente dalla sanità maltese è definibile “inumano e discriminante” per motivi di genere. Il volo in Spagna avrebbe inoltre allungato i tempi medici, aumentando conseguentemente i rischi per la salute della donna.
Sulla base di questi aspetti la coppia ha quindi deciso di chiedere i danni allo Stato maltese per quanto subìto.
«La querelante – recita l’istanza riportata dai media locali – non aveva altra scelta che aspettare il travaglio. Un processo che poteva richiedere settimane o mesi, e quindi doveva cercare cure all’estero perché la sua vita e la sua salute erano a rischio».
Già a fine giugno la vicenda aveva scatenato non poche polemiche a Malta, con ben 135 tra medici e professionisti del settore che avevano firmato una protesta giudiziaria, volta a chiedere la modifica delle leggi sull’aborto. Anche il ministro della Salute Chris Fearne aveva chiesto una revisione della legislazione sull’interruzione di gravidanza, sottolineando la necessità di mettere i medici nella condizione di salvare vite, invece che rischiare fino a 4 anni di carcere in caso pratichino un aborto, seppur d’urgenza e per motivi più che giustificabili.
Infine, per domenica alle 14 all’esterno dell’Auberge de Castille, è prevista una manifestazione per chiedere la depenalizzazione dell’aborto, e la sua riclassificazione come servizio sanitario essenziale.