La scomparsa dell’ottantatreenne Karmenu Fino, il cui ritrovamento impegna ancora la polizia, è attribuibile ad errori del personale e non a problemi sulla gestione della casa di riposo St. Vincent De Paul. È quanto emerso dall’indagine interna alla struttura avviata lo scorso 29 giugno, il giorno dopo la scomparsa del pensionato affetto da demenza.
L’inchiesta è stata condotta dal giudice in pensione Geoffrey Valencia, i cui risultati sono stati divulgati alla stampa locale dal ministro Jo Etienne Abela nel corso della giornata di lunedì.
Il rapporto ha cercato di ricostruire al meglio gli avvenimenti del 28 giugno, individuando nell’operato del personale in carica quella notte carenza di attenzione e infrazione delle procedure, fattori che avrebbero portato alla sparizione di Karmenu “Charlie” Fino.
In cinque diverse sessioni il giudice Valencia ha ascoltato le testimonianze di ben 16 dipendenti, comprese quelle dei dirigenti.
Un primo dato importante emerso riguarda il cancello della casa di riposo St. Vincent De Paul, che a differenza degli altri giorni, quella sera sarebbe stato lasciato aperto, anziché messo in sicurezza dalle 23 alle 7 del mattino, come imporrebbe la procedura standard.
La dimostrazione sarebbe arrivata dai video registrati dalle telecamere a circuito chiuso della struttura, in totale contrasto con le dichiarazioni rilasciate da uno dei membri del personale che avrebbe affermato di aver consegnato del tè al signor Fino alle 6 del mattino, quando l’uomo è stato ripreso mentre si allontanava intorno alle 3 del mattino.
Un altro punto riguarda la tesi sulla carenza di personale, smentita dopo aver verificato la turnazione assegnata alla notte del 28 giugno, con quattro assistenti ed infermieri insieme ad altre 4 quattro guardie di sicurezza che avrebbero dovuto sorvegliare i 34 pazienti presenti quella sera presso la struttura. Piuttosto che un numero di personale insufficiente, il giudice Valencia ha individuato in un errato passaggio dei compiti e mancanza di comunicazione la responsabilità degli eventi, focalizzando quindi l’attenzione del caso su errori umani e negligenza.
Il ministro Abela ha comunque voluto ringraziare tutto il personale che svolge il proprio lavoro in maniera corretta, evitando di estendere la vicenda al resto degli impiegati: «Questa inchiesta non deve scoraggiare gli altri dipendenti, perché a mio avviso questi risultati sono l’eccezione e non la norma».
Gli esiti dell’indagine sono stati inviati alla direzione del St. Vincent de Paul, che non potendo intraprendere misure disciplinari nei confronti degli otto dipendenti in questione, può comunque adottare nel frattempo misure preventive, cercando di coprire le falle che hanno portato al caso Fino.
Sulla scrivania dirigenziale sembra esserci l’inserimento di un nuovo sistema di “tracciamento” dei pazienti, già in atto in molte case di riposo all’estero, in modo tale da eliminare le ronde notturne lasciando agli ospiti della struttura una maggiore libertà ed autonomia.
Dopo le discrepanze tra filmati e dichiarazioni di alcuni dipendenti, inoltre, la casa di riposo St. Vincent De Paul sembra aver già aumentato i presidi del personale di sicurezza, revisionando anche il numero di telecamere a circuito chiuso.
Un’altra raccomandazione emersa dall’indagine riguarda la definizione dei ruoli tra infermieri ed assistenti, una maggiore comunicazione tra dirigenza ed impiegati ed un “controllo migliore” sui futuri collaboratori.
Nel frattempo il povero Karmenu Fino risulta ancora disperso da più di un mese, aumentando la preoccupazione dei familiari e delle forze dell’ordine, mentre si attendono ancora con angoscia i risultati dei test del DNA sul corpo in avanzato stato di decomposizione trovato lo scorso 14 luglio in un campo di Birzebbugia. Una pista non ancora esclusa da parte degli inquirenti, nella speranza che si possa in qualche modo scongiurare il più terribile degli epiloghi.