Il ministro della Salute Chris Fearne ha chiesto una revisione della legislazione in tema di aborto a Malta. Una modifica è necessaria, secondo l’opinione del ministro, per concedere ai medici di salvare vite umane senza incorrere in ostacoli legali.
Il caso di Andrea Prudente, la turista statunitense incinta di 16 settimane, che ha avuto delle complicazioni con la gravidanza mentre si trovava in vacanza Malta e che si è vista negare dai medici la possibilità di abortire nonostante non ci fosse possibilità di sopravvivenza per il feto, dovendo poi volare in Spagna per porre fine ai giorni di angoscia che hanno messo in pericolo la sua salute, ha generato un vero e proprio sisma mediatico sul complicato rapporto tra la legge maltese ed il tema dell’aborto.
Il rischio corso dalla trentottenne americana, conseguenza parallela dei limiti imposti agli operatori sanitari maltesi, è stato evitato solo dopo il suo trasferimento a Maiorca, dove i medici hanno eseguito l’intervento di interruzione di gravidanza.
Ciò che è rimasto a Malta, invece, è la questione aborto, già da tempo al centro di numerosi scontri e discussioni, che si sono riaccesi ora con forza dopo il caso della coppia americana.
Ai commenti della stampa e delle ONG impegnate in ambito umanitario, questa volta si è unita anche la voce degli stessi medici maltesi. Nella giornata di lunedì ben 135 operatori della sanità maltese hanno firmato una protesta giudiziaria necessaria a modificare il divieto generale di praticare l’aborto sull’arcipelago.
Infine, proprio giovedì, sul tema si è pronunciata una delle voci più importanti all’interno del dibattito, quella del ministro della Salute Chris Fearne, che ha chiesto una revisione della legislazione, manifestando la necessità di mettere i medici maltesi in condizione di salvare vite umane, senza preclusioni legali.
Il divieto di aborto a Malta è regolato da limitazioni stringenti, le più severe in Europa, che vietano la pratica in qualunque caso.
Questa condizione può costare ai medici fino a quattro anni di carcere, oltre al ritiro della licenza per praticare la professione, generando inoltre l’impossibilità di intervenire sui pazienti con esiti potenzialmente fatali per le loro vite.
(photo credits: frame video Sahha / Facebook)