Non ce l’ha fatta Colin Galea, il detenuto di 30 anni che l’8 agosto scorso ha tentato il suicidio nella sua cella nel carcere di Corradino.
L’uomo è spirato martedì, dopo otto giorni di agonia trascorsi nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Mater Dei, dove era in cura.
La conferma arriva anche attraverso le parole del fratello del detenuto, in un post condiviso sui social network.
Si tratta del secondo caso da inizio anno in cui un carcerato muore dopo aver aver tentato di togliersi la vita, il tredicesimo dal 2018.
In seguito all’episodio di Galea, la scorsa settimana il Governo ha istituito un consiglio di esame per approfondire le procedure interne messe in atto dai servizi penitenziari in merito alla prevenzione dei suicidi nelle carceri.
Dal penitenziario del Corradino fanno sapere che il detenuto non aveva mai manifestato episodi che potessero far sospettare intenzioni suicidarie, neanche nel corso dell’ultimo colloquio con gli psichiatri della struttura che si è svolto solo quattro giorni prima che Galea tentasse alla sua vita.
Insorge il Partito Nazionalista rivolgendosi direttamente al Governo affinchè metta in atto una riforma radicale del sistema carcerario, sottolineando che un’ulteriore inchiesta non servirà a risolvere gli attuali problemi del Corradino.
Il PN ha inoltre richiesto le dimissioni immediate di tutti i dirigenti attualmente ai vertici della struttura di detenzione.