«Quelle armi non sono nostre». I fratelli Robert e Adrian Agius, ritenuti al vertice del gruppo Ta’ Maskar, negano che le pistole e i mitra pescati in fondo al mare appartengano a loro, così come si era detto fin dall’inizio.
Attraverso l’avvocato Alfred Abela, i due fratelli hanno dunque “fortemente negato” qualsiasi collegamento con l’arsenale, composto da 40 fucili e mitragliatrici, rinvenuto al largo delle scogliere di Miġra l-Ferħa tra domenica e lunedì dopo che la polizia ha ricevuto una informazione riservata.
«I fratelli Agius – ha spiegato Abela – negano fermamente qualsiasi accusa fatta nei loro confronti. Consentitemi di ricordarvi gentilmente che sono stati tenuti in custodia preventiva dal 24 febbraio 2021 e sin dall’inizio hanno dichiarato la loro innocenza e continueranno a farlo. Apprezzerei che i processi vengano condotti in tribunale e non sui media. Le accuse infondate diffuse in giro causano gravi pregiudizi al diritto dei miei clienti a un processo equo».
Gli Agius, lo ricordiamo, sono in carcere perché sospettati di essere coinvolti negli omicidi della giornalista Daphne Caruana Galizia e dell’avvocato Carmel Chricop.
In attesa delle perizia, gli inquirenti sospettano che un detonatore recuperato in uno dei borsoni impermeabili possa essere dello stesso tipo utilizzato per far saltare in aria la Caruana Galizia .
La polizia sospetta inoltre che le armi facciano parte di un vasto giro contrabbando lungo l’asse Malta-Italia-Libia, un commercio illegale nel quale sarebbe coinvolta la banda Ta’ Maskar. La verità, però, potrebbe emergere solo dopo l’esame balistico di mitra e pistole, il cui esito potrebbe richiedere alcune settimane.