La possibile introduzione di nuove norme sulla tassazione delle società da parte dell’UE (la cosiddetta «armonizzazione fiscale») potrebbero rappresentare un duro colpo per l’economia maltese e in particolare per il fiorente settore dei servizi finanziari.
A dimostrarlo è un nuovo studio realizzato da un gruppo di economisti per l’associazione Tax Justice Network (Rete di giustizia fiscale) con sede nel Regno Unito, i cui risultati mostrano che Malta potrebbe vedere dimezzarsi, o ridursi addirittura di due terzi, la propria ricchezza interna derivante da filiali di multinazionali registrate nell’isola.
Lo studio, basato sulle attuali proposte della Commissione europea, note come Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB), mostra anche che le grandi economie come Germania, Spagna e Italia dovrebbero beneficiare maggiormente di questi interventi, mentre Malta, Slovenia ed Estonia sarebbero destinate a subire la più grande emorragia di entrate da imposte societarie. Salvo una fascia di paesi che vedrebbero perdite limitate a circa un terzo delle entrate fiscali attuali (Repubblica ceca, Portogallo e Svezia), per quasi tutti i grandi paesi dell’Europa occidentale la situazione andrebbe a migliorare.
Non c’è allora da meravigliarsi se l’esecutivo dell’UE, spinto principalmente dai grandi Stati membri, ha insistito sull’introduzione di regole fiscali comuni per le grandi aziende. Finora, questi tentativi non hanno avuto successo a causa dell’opposizione dei piccoli Stati membri, tra cui Malta, Irlanda e Lussemburgo, con il sostegno del Regno Unito. Ma anche il potere di veto di questi paesi su norme in materia fiscale potrebbe ben presto venire a mancare, eliminando la necessità di un accordo unanime per l’approvazione.
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La pressione dell’UE su piccole giurisdizioni è dunque in costante aumento, soprattutto per quanto emerge da documenti riservati come Lux Leaks e Panama Papers, dove si dimostra come le multinazionali cerchino di spargere le loro attività in diversi paesi e specialmente in alcuni luoghi privilegiati, anche all’interno del vecchio continente, a fini di elusione fiscale.
Presentate lo scorso anno, le nuove proposte della Commissione mirano invece a obbligare le società che operano all’interno dell’UE a compilare un’unica dichiarazione fiscale secondo la medesima giurisdizione, indipendentemente quanti e quali siano i paesi in cui operano. Oltre a ridurre la burocrazia, la proposta intende anche colmare le lacune giuridiche e impedire alle imprese di trasferire i profitti su regimi a bassa aliquota come Malta.