Le riaperture, seppur graduali, hanno accontentato un po’ tutti e prima o poi aziende e lavoratori torneranno lentamente alla vita di prima.
Per adesso, però, c’è chi non vede alcuno spiraglio, nonostante il COVID-19 sia finito nell’angolo.
Una delle categorie più arrabbiate è quella dei DJ: le discoteche sono chiuse e resteranno con le serrande abbassate chissà fino a quando, ma secondo le linee guida delle autorità sanitarie, per i disc jockey non sarà possibile neppure esibirsi in ristoranti, hotel o lidi balneari.
I disc jockey speravano che con i ristoranti aperti fino a mezzanotte, a partire da lunedì, potessero tornare a lavorare, ma invece non sarà possibile anche se nel locale i commensali saranno tutti seduti e divisi in piccoli gruppi.
Prima che si decidesse di sbarrare loro la strada del ritorno dietro la consolle, diversi stabilimenti avevano già pubblicizzato serate nella quali i DJ avrebbero intrattenuto gli ospiti mentre erano lì a mangiare.
Benché la loro agitazione sia comprensibile, la Sovrintendente alla Salute pubblica, Charmaine Gauci, è stata chiara:
«Non vogliamo che i ristoranti diventino discoteche o club, locali che abbiamo deciso di tenera ancora chiusi. La musica deve rimanere bassa in modo che le persone che si trovano in un ristorante non debbano urlare quando parlano, in quanto vi è un rischio maggiore di trasmissione del virus».
Al Times of Malta, un disc-jockey ha dichiarato il proprio sconforto perché la sua categoria è stata ignorata nonostante sia ferma – come molte altre – dallo scorso anno: «Siamo sempre i cattivi e nessuno si preoccupa mai di noi. Nessuno ci considera dei lavoratori. Per 14 mesi abbiamo aderito a tutte le leggi eppure eravamo e siamo ancora in un limbo con molte domande. Quando possiamo lavorare? Perché non possiamo prevedere un ritorno agli eventi in sicurezza? Nessuno sembra rendersene conto. Il nostro non è solo un hobby, ma anche un lavoro».