Il boato che ha ucciso Daphne Caruana Galizia è ancora nell’aria. Sono trascorsi quasi tre anni e mezzo dalla deflagrazione che provocò la morte della giornalista d’inchiesta, e il dibattito sulla tenuta etico-morale della politica maltese è ancora di grande attualità. A rilanciare il tema, in una lunga intervista al The Times of Malta, è stato l’ex premier laburista Alfred Sant. La sua analisi della situazione è stata piuttosto impietosa, ha puntato il dito contro una modernizzazione del Paese che non è avvenuta in maniera razionale e che alla fine ha prodotto cambiamenti complessivamente insufficienti.
Secondo Sant il fallimento riguarda in particolare la gestione di alcuni settori: il sistema energetico, gli investimenti e l’economia, la polizia. Ma l’ex premier ha denunciato soprattutto gli scarsi risultati ottenuti sul fronte della lotta alla corruzione perché i provvedimenti adottati per combatterla non hanno funzionato. Colpa, secondo il politico, di un sistema che lascia molti spazi a chi ha dei buoni agganci con gli uomini che gestiscono il potere.
«Il vero problema – ha detto Sant al The Times of Malta – è la società tradizionale, il fatto che viviamo attraverso un sistema di “amici di amici”. È un problema di Gonzi, è un problema di Joseph Muscat, un problema di Mintoff, un problema di Fenech Adami …».
L’intervista è inevitabilmente scivolata su uno degli episodi più inquietanti degli ultimi anni: l’assassino della giornalista Daphne Caruana Galizia. Sant si è detto «scioccato» – ma tutt’altro che sorpreso – del fatto che alcune persone coinvolte nel mortale attentato avessero dei legami con uomini politici.
Per Sant, dunque, occorre una sterzata netta: «Si tratta di cambiare il sistema. E quando provi a cambiare il sistema, devi cambiare le organizzazioni che gestiscono il sistema, come la polizia, per esempio».